(ultima visita: Febbraio 2022)
A Roma ristorante cinese significa perlopiù quel che significa nel resto d’Italia -solita lista di piatti al solito basso prezzo fatti nel solito modo-, sicché aumentano, col crescere della qualità che si cerca volendo mangiar fuori, le chiacchierate tra appassionati su dove mangiare cinese MA buono, che detta così suona un po’ cattiva ma che tra romani si capisce, è quel tono un po’ sbruffone che… non andrei oltre circa la romanità e concluderei con “ce lo meritiamo, Alberto Sordi”.


Il bello arriva quando qualche nome nella classifica dei “più qualcosa” esce fuori (il dibattito che ne segue è, come sempre, articolato a piacere), e tra questi, ormai da un po’ di tempo, c’è Sinosteria, posto di qualità condotto dalla famiglia di Jun Ge e che fino a qualche anno fa si chiamava Asian Inn, a testimoniare già da questo cambio una visione di cucina e di “stare dove si è”, con la volontà e l’energia per dare direzioni nuove.

Anche stavolta arriviamo a scriverne tutt’altro che per primi, quindi il grosso dei dettagli classici lo trovate già ovunque. Passiamo perciò oltre; è un posto in cui si sta bene perché il livello di confidenza, formalità, conversazione viene sapientemente dosato tavolo per tavolo da Jun che, si vede bene, prende prima le misure del cliente e poi, se si è entrati con curiosità, condivide quel che sa ed è, in proposte, suggerimenti e racconti di sé, concretizzando senza fatiche il senso della parola osteria.

L’amore per l’Abruzzo traspare in diversi momenti da menù, bottiglie in giro per il locale e parole, competenze e storie. C’è stata e direi che ci sarà collaborazione col ristorante Mammaròssa di Avezzano (AQ), altro posto speciale che muove appassionati da diverse città; è divertente e gustoso godersi questi territori condivisi in piatti di tradizione di diverse regioni cinesi che incontrano zafferano di Navelli, aglio rosso di Sulmona, mugnoli di Pettorano sul Gizio e altro.

Questo segnatevelo:
Crema di riso al latte di cocco con pollo, zafferano di Navelli e zucchine
E’ un divertimento ovviamente di gusto ma anche per la possibilità che offre di scambiare passioni ed entusiasmi, perché Jun si è innamorato dell’Abruzzo e te lo dice in mille modi, ricordandoti che fusion non vuol dire per forza che devi sovrapporre un mango e un pezzo di tonno, ma che culture e sorrisi possono incrociarsi per scoprire sorprese.


Abbinare le molte bontà del menù con uno o più vini è cosa che, nelle non molte volte in cui siamo riusciti ad andare, ho affidato al nostro eroe, con risultati sempre interessanti. E’ l’ulteriore divertimento, perché tra carta dei vini e proposte del giorno al calice siamo ad alti livelli non solo per quantità e qualità della proposta, ma anche per la possibilità di azzardare, sconfinare, bere a prescindere dalle mode, dalle diatribe naturale/convenzionale, da quel tipo di esperti che si prende troppo sul serio e non sa giocare.

Anche qui non vi diciamo nomi, cantine, uve: qualche foto c’è; per il resto troverete tanto, sarà tutto di valore e potrete rincorrere le accoppiate giuste chiacchierandone. Non succede spesso.

Qui è dove vi chiarisco perché “ristorante cinese” sia una definizione restrittiva per Sinosteria:
Fuori menù, quella sera, c’era la trippa.
L’ho chiesta.
Sono tornati al tavolo. Era finita.
C’erano le orecchie di maiale.
Prese.
Insomma: atmosfera rilassata, genitori tra sala e cucina, figlio in giro per il locale a fondere culture, gente che mangia sorridendo, bocca pulita alla fine, con la voglia di tornare presto e di consigliare Sinosteria al successivo dibattito social o live di cui sopra, perché senti che sei stato proprio bene, che hai assaggiato o ascoltato qualcosa che non conoscevi. Mangiare fuori, per davvero.

Prezzi giustissimi, zona magari non proprio top per passeggiata pre e post o per parcheggiare, ma ben servita dai mezzi pubblici. NON FATE QUELLA FACCIA; mi ha detto mio cugggino che una volta è andato al ristorante coi mezzi pubblici e non è morto.

Dàtece retta, sicuramente, ma qui tanto ve lo dice tutta Roma!