Trattoria Centrale C’era Una Volta…1891, Anagni

(ultima visita: ottobre 2022)

Anagni, luogo dal passato così importante che Elio la definirebbe la terra dei papi… ok, cercate su Wikipedia, qui cominciamo già malino e capite bene che per imparare serve cercare altrove.

Tra le tante cose belle da fare qui… sì, ci si può anche mangiare.

Ci è parso di capire che i posti buoni per mangiare qui non mancano, sicché la scelta non è stata istantanea. La posizione è centralissima, lungo il viale principale, incredibilmente non pedonalizzato -un’assurdità purtroppo consueta sulle cui motivazioni non staremo a spendere parole ora-. La piazza che ospita il ristorante, adibita a parcheggio, ha un bel panorama sulla valle sottostante e invita perciò a guardare dal lato aperto: ecco, per entrare nel ristorante cortesemente voltatevi perché il suo lato è quello opposto.

Uno stretto corridoio che sembra condiviso con altre proprietà vi conduce nella sala al chiuso, ma c’è anche uno spazio aperto, non grande ma molto piacevole, con vista sulla parte superiore della facciata di una chiesa (i paesi che affacciano su una valle, avrete avuto modo di vederlo anche nelle vostre eistenze, tendono a scarseggiare in strade pianeggianti). Arriva il menu e c’è qualche minuto per pensarci sopra e prepararsi domande che diverranno suggerimenti da uno staff preparato e d’esperienza, che quanto a informalità sembra muoversi valutando con mestiere il cliente che ha di fronte.

Gli antipasti combinati proposti in carta sono abbondanti e particolarmente appetitosi; su richiesta viene anche indicato cosa sia locale e cosa no; in generale si avverte che c’è consapevolezza circa la qualità che si intende offrire, e in questo senso il panorama sulle carni è di ampiezza simile a quello della valle sulla suddetta piazza. Da parte nostra la faccenda si è molto positivamente dichiarata appagnate con uno degli antipasti della casa, un’opulenta fettuccina con broccoli e guanciale, una quaglia lardellata e una cicoria, ma davvero l’antipasto è una sequenza notevole di bontà.

Complessivamente la sensazione, anche guardando il passaggio delle ordinazioni altrui, è quella di una cucina che non ha alcuna paura ad esprimersi con personalità e presenza, col condimento che non sta lì nell’angolo a far tappezzeria, ma diciamo che parlando di borghi del Lazio e di una trattoria la collocazione dell’approccio dovrebbe esser già nota. Si va proprio in quella direzione ma con buone materie prime e mano de core, il tutto senza tralasciare che comunque nell’antipasto c’erano per esempio una tartare e un carpaccio trattati con rispetto e misura.

Fa molto molto piacere la possibilità di bere non solo al calice ma anche bene. Questa cosa nelle gestioni delle trattorie diciamo “per tutti” è notevolmente e diffusamente sottovalutata, perché è evidente che non sempre si vuole o può prendere una bottiglia, e non si vede perché si debba per forza planare su uno sfuso spesso non all’altezza del cibo. Questo è uno dei motivi e delle evidenze per cui tornare qui al prossimo giro ad Anagni.

Si va via spendendo una cifra assolutamente corretta, contenti di pancia e di aver conosciuto una realtà ben rodata ed efficace.

Bravi loro. Quanto a noi, ovviamente, questo è certamente un luogo da #datemeretta!

DOC Cruderia EnoBistrot

(ultima visita: 13/2/2022)

Domenica a passeggiare, Porta Portese si avvia a chiusura e in zona c’è un movimento tutto sommato allegro e piacevolmente confuso. Fermarsi in zona a mangiare presenta qualche insidia, ma anche diversi posti che il tempo ha consolidato per qualità. Ne proviamo uno a noi ignoto. Questo.

Non si può dire che, guardandosi intorno, l’apparenza di quei cinquanta metri di strada lo valorizzi, ma questo locale fa il possibile per uscirne e proporre un angolino differente. Insomma, basta vincere gli esogeni indugi e le cose belle succedono. Vale pure per un sacco di altre cose, no?

All’esterno si sono organizzati per garantire un po’ di coperti e meno rumore possibile dal vicino semaforo. Il risultato è solo un minimo di rumore al passaggio del tram; siccome quest’ultimo suono è per me un sottofondo piacevole (a volumi da sottofondo, come qui) siamo di fronte a un pregio. Per voi persone più sane di mente sarà comunque una cosa di nessun disturbo.

Il menu sta in due pagine scritte in grande: carne cruda, pinsa, due insalatone, bruschette e taglieri. Offerta secondo me corretta e in armonia con un posto di dimensioni contenute. Carta dei vini senza sussulti ma pure senza banalità. Quattro vini al calice. Va bene così, poi con la confidenza romperemo le scatole su qualche scelta divertente in più, ma sono aperti da cinque mesi e la cosa va vista e capita nel tempo anche da dentro, oltre che a chiacchiere da qui.

C’è attenzione e cura per le materie prime e i condimenti. La carne viene dalla macelleria Feroci, l’olio utilizzato è un Sabina DOP e mi pare ci fosse anche un siciliano.

I “cubotti” di filetto hanno sapore e consistenza molto piacevolmente “raw” in parecchi sensi. Con sale, olio e pepe tutti a parte si direziona il piatto secondo gusti, ma il carattere c’è già così a nudo. La pinsa mantiene la croccantezza in superificie ma al morso le 72 ore di lievitazione (non) si fanno sentire, con una digeribilità che certifico scrivendo a quattro ore da lei come se non l’avessi mangiata, bei ricordi a parte.

Quando anche due verdure per una “variazione di insalata” richiesta sono presentate e condite in modo non superficiale ti senti contento e ti senti in un posto che forse un po’ ti somiglia, e in fondo spesso questa è una delle sensazioni belle per cui stai bene in un ristorante, mangiando cose “non di casa” e “fuori” ma avendo a che fare con persone e modi in cui in qualche modo ti riconosci.

Tiramisù tra i più puliti mai mangiati, finalmente con poco zucchero.

Conto del tutto in linea con la qualità. Bravi e buona fortuna!

Ah, già: eccoli qui.