Fosco bistrot

(ultima visita: luglio 2022)

Le Langhe sono un’area in cui il modo di porsi non è asservito al turismo (tranne due o tre casi di cui non staremo a parlarvi qui, in un blog che dedichiamo alle cose belle). Ci sono accoglienza, disponibilità e una simpatia sobrie, con una misura anche nei toni che a noi è parsa innata. In cinque giorni abbiamo girato un tot e questo posto ci è piaciuto moltissimo, ma ecco che andiamo a spiegare.

Il territorio, lo sapete sicuramente in tanti, non è vastissimo, quindi il posto è certamente raggiungibile a partire da qualunque paese della zona, ma diciamo che siamo nelle vicinanze di Grinzane Cavour e Diano d’Alba. Il bistrot è lungo una strada grande che di suo non invoglia a cercare proprio lì meraviglie, né di suo ispira a ipotizzare l’arrivo di improvvise chicche.

E invece.

Da fuori sono ancora una volta la sobrietà e un’eleganza non ostentata a presentare il locale, estensione culinaria della cantina Salvano. Le grandi vetrate introducono già verso le due sale, ampie, ospitali, dagli alti soffitti, forse un po’ algide per qualche scelta architettonica o di arredo. Poco male, perché il servizio è attento, sorridente e “umano”, pur mantenendo al primo posto uno stile pulitissimo, asciutto.

Ho optato per la scelta più utile secondo me a conoscerli estensivamente, cioè il menù degustazione della tradizione:

Carne cruda di Fassona

Vitello tonnato

Plin della tradizione al tovagliolo

Guancia di vitello al Barolo

Bonet

Con percorso vini incluso: 48 €

I calici del percorso vini erano ovviamente della casa, che per un bistrot emanazione di una cantina è quel che va fatto, e la cosa è andata benissimo, “naturalmente” con scelte indovinate.

Durante il pranzo siamo stati seguiti con cortesia e cura ma senza appesantimenti. E’ stato piacevole scambiare qualche parola in più col titolare sui vini, sul turismo e l’attualità del territorio. Anche qui si è vissuta la conferma che una parte importante di valore vero del viaggio è interagire con persone e professionisti, sentire come vivono, sentire qui relazioni col cliente (e magari anche tra loro, non siamo in grado d dirlo) vissute in un modo che qualcuno meno a nord potrebbe trovare freddino, ma che a noi è parso semplicemente il frutto di storie anche molto lunghe differenti, così come in tutta Italia si sperimentano differenze su tanti aspetti dello stare al mondo con gli altri.

I piatti: davvero buonissimi, tutti, e direi il miglior vitello tonnato tra tutti quelli assaggiati (non pochissimi e tutti perlomeno buoni) in cinque giorni. Il rapporto qualità/prezzo, sempre a confronto con quel che abbiamo provato lungo il periodo in zona, è alto, tenuto anche conto che qui qualità significa anche un ambiente studiato, cercato in parecchi particolari. Chiaramente alla carta si spende di più, ma scegliendo i menu degustazione si spende benissimo rispetto alla soddisfazione con cui si sta e con cui si va via ripensando all’esperienza.

Datece retta, sicuramente.

Trovate Fosco Bistrot qui.

Poderi Colla

Andar per cantine è diventato nel tempo un modo come altri (ma anche un modo diverso da altri) per organizzare una vacanza, o magari un weekend. Per certi versi funziona come altri interessi: ad esempio il tour di chiese e monumenti puoi farlo da esperto, perché ti scegli i luoghi in cui approfondire un quadro, un mosaico, una scuola pittorica di cui già ti intendi assai; puoi farlo però anche da principiante, curioso intanto delle principali bellezze da vedere, o da appassionato che magari qualcosa ne sa e allora va a pescare apposta la pieve appartata fuori dal circuito classico.

Ecco: col vino la cosa non è molto differente.

Percorrere le Langhe in macchina o moto significa comprendere entro i primi 3 km che le cantine da visitare non vanno cercate con pazienza in qualche anfratto, ma solo scelte. C’è una tale densità di produttori che davvero senza saperne granché viene abbastanza voglia di andare a caso (si intenda qui l’uso di “a caso” per indicare la quantità; sia chiaro che lo scrivente è pesantone a sufficienza da rifiutare con adegno tali esecrabili condotte!).

Qualche nome lo avevamo già, preparati al viaggio con la lista in tasca: poi la lievità con cui un viaggio riesce probabilmente più felice ha sparigliato le carte, ma un nome è rimasto, suggerito da chi, per altro mestiere, ha a che fare con la natura di quella cantina e di molti altri luoghi che interagiscono con l’ecosistema circostante.

Poderi Colla è una casa vinicola con una bella storia che, se ci andrete, sarà bello ascoltare li.

Arrivarci è stato una parte della suggestione anche emotiva legata alla visita; per questioni di tappe già fatte ci siamo trovati a raggiungere la cantina passando per ciò che il navigatore reputava essere semplicemente la strada più veloce, ma che poi si è rivelato, parlandone all’arrivo in cantina, come il famigerato “orrido di Canta”: dalla strada principale si imbocca un vialetto ripido e dall’apparenza subito insidioso, ma anche ingannevole nelle fattezze, così normalmente asfaltato da farti dire che beh, c’è questo inizio un po’ così ma poi vedrECCO, NO. La strada si mantiene stretta scendendo giù giù con la sfrontatezza di chi non guarda in faccia nessuno, un tornante dietro l’altro in assenza di qualunque protezione laterale verso il suggestivo, poetico, langarolo STRAPIOMBO LETALE, con te a chiederti a che servano tutte quelle marce sul cambio e pregare il dio delle vigne che non venga su nel frattempo non dico un furgoncino, che eventualmente certificherebbe ivi le esatte coordinate geografiche dell’Armageddon, ma anche solo una Panda, una Vespa, una bici, una lucertola cicciottella da proteggere, un filo d’erba cresciuto in diagonale.

Sei lì a dirti quanto sia bella la vista per distrarti da tutto ciò quando… sì, anche questa esperienza, come tutte, termina; ti ritrovi sulla normalissima stradina che fanno le persone assennate, ne percorri una piccola parte, giri su un ponticello e ti arrampichi su uno sterrato che pure sarebbe con curve proiettate sul vuoto, ma per te che hai appena fatto l’orrido di Canta sembra la variante di valico alle 14.30 di mercoledì 7 ottobre, perciò sali con l’incoscienza dei tuoi vent’anni a dispetto degli ulteriori sette che hai sul groppone da qualche minuto avendoli persi, ai margini del tuo esistere, lungo l’orrido di Canta.

Ah, già. La cantina.

Per voi sarà un’esperienza ancora più bella, perché il giro in vigna noi abbiamo dovuto evitarlo per il caldo clamoroso. Ci siamo perciò seduti subito ad un lungo bellissimo tavolo che ci ha salvato immediatamente il pomeriggio poiché si trova tra due portoncini che erano entrambi aperti, a costituire l’unico esempio di ventilazione naturale del giorno nel raggio di decine di chilometri.

Gli assaggi e in generale il tipo di degustazione vengono decisi assieme a Federica Colla, la figlia di Beppe, vignaiolo e persona che nella storia dei vini di Langa ha fatto veramente molto. Lo spirito positivo, sorridente e determinato di Federica nel suo raccontare territorio e vini accompagna i sorsi meglio di qualunque abbonamento gastronomico ed è, per chi avrà voglia di stare anche al gioco, un punto di vista in più con cui guardare, annusare, assaggiare il bicchiere. Sì sta con lei, le sue parole, i suoi ottimi vini e solo natura intorno, col resto del mondo che in quell’incontro resta materialmente altrove, irraggiungibile anche dal telefono sebbene a pochi minuti da lì.

Ed è bellissimo perdersi in questo incantesimo, diceva il poeta, ma pure comprare qualche bottiglia scelta tra quelle assaggiate non è per niente male (notevole anche il riesling, tra l’altro). Prezzi giusti e, andando via, la sensazione chiara di portarsi a casa vini puliti, fatti da chi ama la terra e sa chiederle frutti con garbo e rispetto.

E si torna sulla via di quelli con la testa a posto, mica sull’orrido di Canta.

Datece retta!

Enoteca regionale del Piemonte, Acqui Terme (Alessandria)

(ultima visita: agosto 2022)

Per qualcuno non esistono nemmeno, o sono al più una vetrina oltrepassata mentre si è in cerca d’altro, ma capita anche che siano luoghi di acquisto per souvenir graditi assai. Il ruolo istituzionale di promozione e valorizzazione del territorio per la produzione vinicola sarebbe invece la ragione principale per cui le enoteche regionali esistono. A qualche decina di km da qui (o d’Acqui, e giù risate) ne abbiamo visitata un’altra che, diciamo così, ai nostri occhi ha un po’ messo da parte la missione dedicandosi invece semplicemente a titillare i copiosi e corposi portafogli stranieri di passaggio, attività che non ha nulla di illegale ma che in un’enoteca regionale dovrebbe essere la piacevole conseguenza di una spiegazione, di un racconto da portare a chi entra, in generale, senza preventiva verifica empirica del saldo sulla carta di credito.

Vabbè, procediamo. Il blog mica si chiama Evitatelicomelapeste.

brachetto d'Acqui tappo raso, cantina convento cappuccini

Acqui Terme è una cittadina graziosa e curata, di gente che sorride e ti parla con garbo e attenzione. Non succede ovunque e perciò qui si sta bene, o perlomeno la nostra giornata è stata piacevolissima. In pieno centro, tra negozi e persone libere di camminare senza auto, con un minimo di ricerca e due accessi da vie diverse, qualche gradino a scendere porta in un bellissimo posto per chi ami bere bene, con stanze a susseguirsi sotto soffitti a volta, tavoli in legno scuro per le degustazioni, scaffali e luci calde. A far contenti altri turisti (che, ripetiamo, in sé non è affatto un male, anzi) c’è un apparente giovincello che invece, lo scopriremo poco dopo, sempre giovane è ma ha dalla sua parecchia esperienza; li saluta, ci scambia due battute finali sorridendo e nel frattempo ci dà la sua disponibilità, col tono cortese ma attento di chi nel frattempo una prima radiografia all’avventore la fa, per comprendere un po’ chi abbia davanti. Spieghiamo quel che cerchiamo; si avvicina alle varie bottiglie aperte in giornata per altre degustazioni e pensa. Lo fa dedicando diversi secondi ad ogni singola bottiglia da includere o escludere, e apre un paio di nuove bottiglie dei vini scelti quando sente che quelle aperte non lo convincono del tutto.

vino Piemonte albarossa, cantina Franco Ivaldi

Da qui parte un’oretta buona e pure bella di chiacchiere, storia dell’enologia, Piemonte, passione, tecnica, metodologie e quant’altro, con il nostro Alessio Lo Sardo (sì, per quell’oretta tutto nostro. Grazie!) a mettere assieme competenza e capacità comunicativa come poche volte mi è accaduto di vedere nel mondo del vino.

vino slarina avamposti, tenuta il cascinone

Gli acquisti specifici, per quel che vale, sono stati una slarina della Tenuta il Cascinone, un’albarossa di Franco Ivaldi e un brachetto tappo raso della cantina Convento Cappuccini. Quel che invece conta tanto è l’occasione, davvero imperdibile se siete in zona, per attraversare territori, cantine, storie di produttori e prodotti come non riuscireste certamente a fare anche con lunghi giri d’auto molto ben progettati in anticipo e conoscendo ogni singola realtà. In un solo luogo potrete farvi un’idea davvero ricca, articolata e documentata su quel che cercate tra Langhe, Monferrato e tutto il Piemonte… ma anche su quel che non sapevate di cercare, perché qui si può realizzare concretamente una delle esperienze per cui ha valore viaggiare: imparare da zero cose di cui non sai un cavolo, eventualmente con la voglia di dimenticare quel poco che ne sai.

Li trovate qui!

Friccico Mangia&bevi, Roma – Un’osteria ai Colli Portuensi?

(visita di riferimento: febbraio 2022)

La domanda nel titolo ha un senso. Se conoscete la zona sapete perché e quindi dovrete pur convenire. Se non la conoscete chiedete a quelli del primo gruppo. Insomma, atmosfera un po’ così, che si stacca dal quartiere Monteverde -di cui è il confine Ovest- e in più segmenti preferisce agganciarsi al contiguo Casaletto. Insomma, per farla breve fidatevi, il blog che state leggendo ha un titolo intransigente che parla chiaro.

Esistono osterie ai colli portuensi, zona di Roma che per atmosfera non le richiama alla mente? Leggete qui...

Serena e Simone (sala e cucina) sanno fare ristorazione; sono, per diversi aspetti, complementari, ma quando sei lì è tutto coerente, fila tutto, l’ambiente è curato ma senza spingere sui formalismi, ci si sente accolti e si percepisce subito che… oh, vedete voi, ognuno percepisce quel che crede. Andate e percepite, mica posso dire tutto io…

Il menu parla lingue diverse: è locale per scelta delle materie prime (non si va al risparmio e la bocca lo sente), mentre le preparazioni guardano spesso il Piemonte: per i dettagli come al solito c’è Google e via dicendo, ma segnaliamo sicuramente il tonno di coniglio, il vitello tonnato (che gli anni ottanta hanno reso ingiustamente odiato da tanti e che invece, fatto bene, è un signor piatto), le tartare -che vengono proposte in diversi modi-. C’è tanto con cui divertirsi uscendo un po’ dal seminato romano, quantomeno di zona, tra ragù d’anatra, fagiano, carpacci, terrine… Diciamo che potrete anche uscire, volendo, dal classico metodo di scelta primo-secondo e giocare.

Buoni i dolci, ma non chiedete a me che sono uno poco appassionato al tema specifico.

Sulla carta dei vini avevamo scritto quanto segue, perché essendo noi gente serissima fa facciamo le cose a modino:

si può azzardare un po’ di più per renderla divertente quanto la cucina (si beve bene, ma con questa bellezza sulle materie prime starebbe bene qualche bottiglia un po’ fuori standard, per dare carattere e personalità anche a chi accompagna il cibo).

Ecco: non più. La carta è diventata divertente, perché Serena ci sa fare assai, dicevamo (ne parlammo anche, ma avrà ovviamente deciso di suo e non ci attribuiamo meriti, perché siamo gente anche di gran modestia).

Come sapete, qui di fare recensioni fighe ci importa poco, ché c’è gente in giro fatta apposta per scriverle meglio. Qui ci importa il racconto di esperienze e persone belle, e mangiare qui diventa dopo pochi minuti di conoscenza stare bene, affidando l’appetito a persone attente, scrupolose ma prive di pesantezze. Simone ha una mano assolutamente felice nel centrare il piatto su sapori primari che lascino emergere la qualità della spesa fatta; Serena conosce i suoi clienti, direi uno per uno, e sa cosa e come proporre, molto padrona di casa e con una cura chirurgica nell’approccio con le diverse tipologie di avventore.

Bravi!

Ah, già, il conto. Ci sta, prezzi del tutto in linea con la qualità e comunque non alti. C’è il menu sul loro sito web, andate pure.

Se invece volete andare proprio da loro, che come esperienza è meglio che guardare un sito web, andate qui.