Un weekend di quelli per “staccare”, per cambiare visuale e un po’ pure orizzonte, cercando non lontano da Roma un posto tranquillo e per noi sconosciuto.
Eccolo.
Grosseto è, parlando di centro storico, una cittadina dai confini chiarissimi e netti, costituiti dalle mura bastionate medicee e dai giardini che consentono di percorrerle per intero, lungo l’esagono che appunto cinge il centro. L’effetto è imponente anche se forse ci sarebbe da lavorare per valorizzare meglio questa costruzione ed il verde che ospita, cosa che tutto sommato si può dire anche del centro stesso.
Grosseto è un bel corso pedonalizzato con negozi, una bella piazza col duomo e i portici… e tante piccole vie intorno, semplici e godibili.
Il turismo non è il punto forte della città, e, se da un lato ne siamo stati contenti per la gradevolezza dei giorni che abbiamo trascorso lì, dall’altro ci chiediamo anche come mai la “porta della maremma” sia tutto sommato socchiusa quanto a promozione turistica, a maggior ragione visto che le cose da fare e vedere per un weekend ci sarebbero.
Con pochi minuti di autobus (e pure qui un minimo di informazione non guasterebbe, perché capire qualcosa sugli orari richiede buona volontà) si arriva a Marina di Grosseto, che non abbiamo visto, e a Castiglione della Pescaia, che abbiamo visto e che ci è piaciuta molto per il suo centro sul mare con negozietti, un esteso lungomare pedonale e una parte storica più in alto piccola e intatta.
Per dormire si sta bene e con ottimo rapporto qualità/prezzo al Grand Hotel Bastiani, che ha pure una sala colazioni bella da vedere e vivere.
Che si fa in un bel ponte primaverile partendo da Roma?
Si va a Livorno, per esempio!
Due ore e mezzo di treno anche da Ostiense, con parcheggio comodo a metri dai binari, e via, una robina facile per conoscere una città poco turistica (dati 2025), piuttosto identitaria e che non ti mette l’ansia da prestazione del viaggiatore perfetto, tipo ECCO ORA IN DUE GIORNI DEVO VEDERE ASSOLUTAMENTE QUESTE TREDICI COSE O SONO MORTO: ha le sue cose da fare e vedere, i suoi spazi, … Ti fa dire fra te e te: Tranquillo, te la godi e torni. Così l’abbiamo immaginata, così è andata. Vediamo come.
Due parole sulla città
Qui sotto mettiamo giusto i fondamentali per inquadrare la geografia della città:
– se arrivate col treno siete a est del centro; via Carducci dritti dritti, finite in piazza della Repubblica, enorme e curiosamente vuota, e da lì è centro, una sorta di quasi-pentagono delimitato da fossi (i canali) e mare
– a tagliare a metà il centro c’è via Grande, che proprio da piazza della Repubblica arriva est -> ovest al porto
– la parte nord del centro è il quartiere Venezia, voluto dai Medici come un sistema di canali a raggiungere botteghe (che hanno comportato l’arrivo di merci, mercanti, famiglie, religioni e culture da ogni dove, a far di Livorno un regno anche attuale della laicità)
– la parte su del centro ha il mercato di piazza Cavallotti, all’aperto, e il Mercato Centrale, coperto, che è una meraviglia
Vi raccontiamo Livorno per come l’abbiam vissuta e girata noi, come al solito senza fronzoli verbali, pretese di esaustività, top five e must-see vari.
Giorno 1 – partenza e giustamente pure arrivo
Capitarci il primo Maggio è parecchio simpatico, proprio in senso etimologico. C’è un “cuore comunitario” che, quando si parla di questioni come cacciucco, imprecazioni diciamo colorite, partecipazione sociale e “boia dé”, mette assieme molti livornesi in una cosa sola. A Fortezza Nuova, di fatto una sorta di isola verde circondata dai fossi del centro (i canali d’acqua, si diceva sopra), il primo Maggio significa aggregazione, musica, mangiare tutti insieme. Tra le bancarelle, le coperte sui prati, le panche accanto coi tavoli, i cani a spasso coi padroni e le birre allegre, noi estranei ci divertiamo e ci stupiamo piacevolmente nel vedere come il live dei Licantropi, IL gruppo popolare di Livorno, sia un coro collettivo sui testi, buffi ed estremamente local, che ti fanno sentire pienamente dentro questa città. In proposito si tengano a mente i fondamentali: il gatto fa miao, il pisano fa “gao”.
Il cacciucco, piatto scelto per il primo pranzo in questa città, è un divertimento d’altra natura ma con un sapore per certi versi simile, specie mangiandolo in posti frequentati dai residenti. In merito c’è una bella notizia: poiché, come dicevamo sopra, il turismo è molto contenuto, si sta benissimo mangiando ovunque, tra le chiacchiere di chi abita questo posto e atmosfere che sono autentiche e, in senso assolutamente positivo, ingenue nella loro tranquilla quotidianità. Tenete presente che prenotare nei posti più noti e/o validi resta consigliatissimo, in alcuni casi indispensabile e comunque una scelta positiva perché d’aiuto ai ristoratori.
Il nostro cacciucco, buonissimo, lo abbiamo mangiato da “La vecchia Livorno“, che ci è piaciuto assai anche per atmosfera, servizio e prezzi.
Nel pomeriggio si passeggia un tot: il giorno festivo qui significa negozi perlopiù chiusi e quindi un po’ meno movimento sulla via principale, sicché si gironzola un po’ per la Venezia, il piccolo quartiere che… ah, già, l’abbiamo detto più su (un caffè buono lo fanno all’angolo tra via Strozzi e via della Venezia). Carino, animato la sera dai tanti ristoranti e locali aperti lungo i fossi e rimasto autentico, come del resto tutta la città.
Per stanchezza si mangia a casa, ordinando la pizza da Spicchio di Luna, che fa anche un ottimo impasto integrale. Approfittando proviamo anche la loro torta di ceci, argomento che a Livorno ha una sua specifica sacralità. Ci portano anche il pane che istituzionalmente accompagna la torta di ceci, costituendo con lei il 5e5. Tutto molto buono.
Giorno 2 – Pisa ma anche cena livornese simpatica
A un quarto d’ora di treno c’è Pisa. Di treni per Pisa ne hai a bizzeffe. Ne segue agilmente che pure Aristotele una gitarella da Livorno l’avrebbe fatta.
Quel che si può raccontare sulla rivalità secolare tra pisani e livornesi durerebbe dozzine di righe, sicché evitiamo, ricordandovi però che se volete sondarne le origini trovare in rete di tutto, mentre se volete assaporarne l’attualità dovete leggere un mensile che vi indichiamo un po’ più sotto.
Pisa soffre da tempo di turismo gestito un po’ “meh”. La faccenda salta agli occhi facilmente vedendo che su tre vie del centro viaggia il 90% abbondante dei turisti. Il contraltare è il vantaggio di lasciare, ai curiosi, spazi, chiese, vicoli, trattorie ed atmosfere decisamente gradevoli anche a cento metri da quel costante flusso.
Capite bene come non abbia alcun senso raccontarvi proprio qui lo scoop di una torre che sta in piedi un po’ curiosamente, di una cattedrale notevole eccetera. Anche in questo caso quindi usciamo dal mainstream globale e torniamo in quello nostro, non mancando però di farvi notare che, guardacaso, quando ci siamo stati noi di Dateme Rettala Torre di Pisa era dritta.
A pranzo abbiamo scelto direi benissimo. La trattoria in cui abbiamo già voglia di tornare è stata Sant’Omobono, in pieno centro ma appena laterale, quindi frequentabile (ma prenotate!).
Si torna, si riposa un po’ per i chilometri fatti e si riparte per il centro, inizialmente superandolo di slancio in bus per arrivare a vedere la Terrazza Mascagni, grande e piacevolissimo affaccio panoramico sul mare appena più a sud.
Voleva essere un aperitivo quello che è subito stato promosso a cena, per quantità e goduriosità, da Signor Nico, proprio sulla rotonda del porto a chiudere via Grande. Le sue schiacciate sono uno dei motivi per cui passare da queste parti, fantasiose e divertenti, e se avete un normale appetito cenate con una di queste.
Giorno 3 – Il centro
Colazione al bar tabacchi, per immergersi appieno in una città che si mostra autentica pressoché ovunque, ad oggi, e che quindi non costringe a rifugiarsi continuamente in angoli di verità, come invece accade ormai in tante capitali del turismo. Poi passeggiata centrale, fatta di vetrine, cani (un sacco di gente ha il cane, a Livorno). Per assaporare tutto il centro, però, una mattinata non è mattinata senza il mercato di piazza Cavallotti, rumoroso, vitalissimo (perlomeno di sabato) e ricco di tutto, con l’area più classica di frutta e verdura, i chioschi per pane o carne e una zona di vestiti ed altro. Lì accanto c’è Gagarin, tempio del 5e5 fin troppo frequentato e quindi non visitato causa lunga coda, e c’è il Mercato Centrale -o delle vettovaglie- in tutta la sua imponenza (e bellezza!): banchi di frutta, verdura, carne o pesce, tanti chioschi per il pane, negozietti e un po’ di ristorazione, tutto dentro un’architettura fatta per accogliere ma pure per farsi guardare, con un’allure parigina simpaticamente affiancata a invocazioni che altrove qualcuno definirebbe blasfeme, ma che qui, via, son vissute come un poffarbacco.
Si pranza qui dentro, Alle vettovaglie. Bella scelta di proposte con prodotti di qualità e ambiente ovviamente… di mercato. Si beve bene, oltretutto, con proposte perlopiù di produttori piccoli che il titolare cerca in giro con cura e amore.
Nel pomeriggio il meteo non ha aiutato, sicché il resto delle scoperte è stato un po’ condizionato ma, come dicono quelli seri, abbiamo trasformato il veleno in medicina e quindi, con lunga camminata suddivisa in tappe indoor più o meno forzate dalla pioggia, abbiamo
finito il giro esterno intorno a Fortezza Nuova incrociando pure “corsi di gozzo” e imponendoci il passaggio NECESSARIO davanti alla sede storica del Vernacoliere, mensile che a Livorno è un po’ più sacro delle religioni
raggiunto il Mercato Americano, che nel tempo si è ridotto per dimensioni, ma che ha ancora un suo perché se piace un certo genere di abbigliamento
percorso dentro-fuori-sopra-sotto la Fortezza Vecchia
gironzolato un po’ per il porto e le sue ramificazioni (diciamo che una sistematina d’insieme potrebbe giovare)
guardato, nell’area del cantiere navale, un po’ di vetrine (la pioggia era nella sua fase insistente) e una rassegna temporanea di libri nel molto godibile centro commerciale Porta a Mare, efficace esempio di rifunzionalizzazione che non “sbatte” col contesto ed è molto piacevolmente camminabile senza compressioni claustrofobiche da mall metropolitano
A cena siamo tornati alle Vettovaglie perché siamo stati bene in quell’atmosfera e perché abbiam voluto vivere anche la versione serale del mercato, a banchi chiusi ma con un live set di chitarre e voce ad accompagnare assaggi e bicchieri.
Chiudiamo in gloria con un ponce ben fatto al baretto supertipico lungo la strada verso casa, dove il titolare cinese gestisce alla grandissima un avventore un po’ molesto e due signori locali danno di fatto una mano a tenere il tutto sotto controllo, spostando le loro chiacchiere con birra all’esterno mentre controllano da fuori. Eccezionali ed efficaci, perché il tipo non trova agganci alle sue mezze provocazioni un po’ goffe e torna di fatto innocuo a costo zero.
Piaciuto tutto?
Sì. Livorno è una città molto gradevole, senza sussulti imponenti se cercate un effetto wow nelle vostre gite, ma con una bella fruibilità di spazi e occasioni. Quando ci siam capitati noi il Museo Fattori, che a naso va visitato per più ragioni, era in ristrutturazione, quindi del museo non abbiam parlato mica per ignoranza crassa, eh?
Quanto al dormire usciamo un attimo dal contesto: prenotare per una vacanza è diventato -anche a Livorno, ma appunto diremmo pressoché ovunque- tema da famiglie non dico agiate, ma insomma certamente libere dal dover fare i conti con la fine del mese. Su questo c’è qualcosa di strutturale che non torna, ma il tema è enormemente più grande e complesso di questo articolo.
Ultima annotazione felice: questa città è uno dei capoluoghi nazionali della gentilezza. Chiunque abbia scambiato parole con noi ci ha lasciato un’impressione positiva, a prescindere dal fatto che fosse un commerciante, uno interpellato per un’informazione o altro. A sensazione sembra si tratti di un modo d’essere diffuso e spontaneo.
Per gli autori di questo blog le vacanze 2023 sono state anche una settimana trascorsa per tre giorni a ridosso di Cortona e per altri quattro a ridosso di Perugia. Tutte giornate costruite per essere riposanti e con ritmi non forzati, quindi senza una cascata interminabile di eventi e luoghi, ma anche caratterizzate da una classica abitudine umana: qualcosa bisogna pur mangiare. E bere.
Sicché…
Giorno 1: Chiusi, Castiglion Fiorentino
La partenza di Sabato da Roma in orario decoroso ci ha consentito di arrivare con un certo anticipo verso Chiusi, per cui… che fai, non esci a Chiusi? Ed eccoci in questo paese che, come altri che visiteremo nei giorni successivi, quest’anno ha un numero di turisti bassino. È sabato, metà mattina, bel tempo, un po’ caldo ma ad un livello sostenibile, eppure noi forestieri a passeggio saremo sì e no una ventina.
La prima sosta è stata per il caffè in un bar che sforna pure pane e pizza sulla piazzetta del Comune. Vocazione turistica del suddetto bar: – Presenza su google maps: no – Presenze nel locale: avventori autoctoni più noi
Piacevole.
Qualche centinaio di metri a spasso e si assaggia la locale focaccia con uvetta in un piccolo panificio. Buona nel sapore, compatta come abbiam visto e vedremo per altre focacce di zona. Vocazione turistica del suddetto panificio: – Presenza su google maps: no – Presenze nel locale: noi
Visita alla Chiesa di Santa Maria Novella ed ecco che arriva il pranzo, e qui le cose si son fatte serie. La scelta è andata su Il grillo è buoncantore (già assaggiato anni prima). Tanta qualità, atmosfera rilassata, cura per il lavoro e chiacchiere coi titolari grazie a (o per colpa di, a seconda dei punti di vista) una giornata poco movimentata.
Si riparte per la destinazione programmata, ma voi se andate a Chiusi non fate come noi che avevamo due ore: ammirate quel che c’è, cioè perlomeno due musei. A noi chiaramente è rimasta in testa quest’ambientazione un po’ vuota e silenziosa, ma siamo sicuri (anche per altri passaggi in loco nitidi nei ricordi) che le cose non vadano sempre così.
Arrivo nelle vicinanze di Cortona. Il luogo prescelto è stato la Locanda del Molino. Ci si sta un gran bene, racchiusi tra un piccolo torrente e la strada provinciale, in un edificio in pietra che ha le camere al piano di sopra e il ristorante al piano di sotto. Il narratore d’esperienza avrebbe qui argomenti e dettagli con cui produrre in affabile eleganza ogni descrizione di dettagli nelle sale, nei corridoi col cotto in terra, nelle… Ma qui funzioniamo talvolta diversamente, sicché trattenete questo: è proprio una locanda, semplice e bella. Avrete questa sensazione e sarà bello viversela così. C’è anche una piscina, con dimensioni e ambientazione perfette per restare nel mood.
Ci si sistema e via verso Castiglion Fiorentino.
Siamo in un paese che, a parte i momenti di festa organizzata, sembra vivere ad una “distanza turistica” da Cortona molto più elevata dei pochi km che le separano: c’è una vitalità tranquilla, manca fortunatamente l’hype modaiolo del negozietto artificioso a tema o la sovrabbondanza di cibo e spritz a caso.
Da vedere: il paese di per sé che è già bellino, la piazza del municipio per la sua bella forma, l’ariosità e il suo magnifico affaccio, la Pinacoteca Comunale, che ospita anche Bartolomeo Della Gatta, e l’area del cassero, anche questa con una vista notevole. Per mangiare qualcosina e bere cose buone c’è Traversa del gusto.
Giorno 2: Cortona
Bella colazione, ascoltando il suono lento e sussurrato del torrente, e si va a Cortona!
Parcheggiare è già esperienza a sé: Cortona è il punto di concentrazione turistica massima in una zona che, per il resto, ha grande tranquillità, sicché bisogna arrivare non troppo a ridosso del pranzo. Riuscire a trovare posto nei parcheggi più vicini al centro è importante non tanto perché il cammino restante sarà in salita senza marciapiedi, ma perché, come abbiamo avuto modo di notare, la modernità dei suddetti piccoli parcheggi, posti lungo i tornanti, decresce in armonia con l’altitudine:
i più mattinieri potranno comodamente pagare con app
la seconda ondata dovrà dotarsi di pazienza perché non tutte le postazioni di pagamento accettano carte
i ritardatari dovranno dotarsi di monete
non abbiamo visto più giù, ma i dormiglioni professionisti credo avranno necessità di portarsi da casa oggetti in disuso per ricavarne qualcosa al baratto
Come al solito la storia di Cortona andate a leggerla da quelli bravi. Qui vi diciamo cos’è che abbiam fatto noi (spoiler: tanta bellezza):
Al MAEC si va spesso per mostre temporanee, ma al di là di queste trovate Signorelli, numerosi oggetti e rinvenimenti etruschi, Severini, una biblioteca settecentesca… insomma, c’è da andare anche senza mostre
Le chiese: belle, ma perlopiù rimaneggiate, ristrutturate, ricostruite eccetera
Ma mangiare e bere? Veramente veramente ci stiamo dimenticando? No, non si scherza su queste cose: Taverna Pane e Vino, su una delle due piazze in cui passerete senza dubbio. Si mangia bene, si sta in un bel posto, si beve in modo divertente
Nel primo pomeriggio addomestichiamo la fase digestiva lungo le molte location ben diffuse della rassegna fotografica estiva Cortona on the move *interessante e fascinosa la scelta dei luoghi espositiv, qualità diciamo non uniforme( e con calma torniamo alla tana: in Locanda si mangia anche, dicevamo, e si mangia bene, sempre col ruscello a far compagnia se si sceglie si star fuori. Anche sul vino si va alla grande, visto che la proprietà è la stessa della cantina Baracchi. L’atmosfera è piacevolmente toscana nel senso più pieno e, direi, vero (i toscani non hanno solo “devastato questo paese” come il grandissimo Stanis LaRochelle denunciava).
Giorno 3: Castiglione del Lago
Castiglione del Lago è un borgo molto grazioso con un… castiglione… che diventa propaggine del borgo dentro l’acqua e praticamente sembra… del lago. Tutto questo spiega molte cose ai più scaltri. Saimo già stati in questi luoghi varie volte in passato, quindi possiamo permetterci di saltare ad esempio la visita al castello di cui sopra e passeggiarci un po’ intorno.
Il grande ed umido caldo non ha aiutato moltissimo, diciamo, e i numerosi nordici che per quel caldo giravano in stato di pre-morte non aiutavano a distrarsi. In sintesi gli aiuti sono mancati. A compensare, buon pranzo anche panoramico (chiedete un tavolo nel giardino) a La Cantina, con ottima anguilla all’amatriciana.
All’amatriciana.
Romani, non fate quella faccia perché vi si vede pure da qui.
Pillola di cultura del giorno: rientrati alla locanda, chiacchierando in piscina con un distributore, scopro che in toscana si fa Gin come se non ci fosse un domani. C’è abbondanza di ginepro e ok, ma la gente si regala i gin come i mazzi di rose. Bon.
Giorno 4: Corciano
Salutiamo la Locanda, in cui siamo stati davvero bene (saluti a Stefano!) e, lungo la strada per Perugia, ci fermiamo a Corciano, perché non la conosciamo e perché ci sono una pala del Perugino e un gonfalone di Bonfigli.
Il paese, la pala e il gonfalone confermano la loro bellezza alla vista. Passeggiare qui è un turismo tranquillo, coi passanti che ti salutano e le piccole vie che mantengono un carattere senza tempo. Si pranza un po’ fuori dal centro a L’utopia, buonissimo ristorantino e bella storia di una coppia (i titolari) che vuole credere ai sogni cercati e faticati. Ci ambientiamo nel comodo e anch’esso piscinoso Hotel Vega, nelle vicinanze di Perugia, e poi andiamo a conoscere un po’ gli scarni dintorni, finendo però benone a mangiare alla vineria La Fraschetta, rilassante e gustosa.
Giorno 5: Perugia
Arrivando a Perugia da Est ci sono buone possibilità, perlomeno in estate, di trovare parcheggio lungo la lunga lunghezza di via Roma, nel nostro caso a ridosso dei Giardini del Frontone. Se volete fare una passeggiatina nel verde entrateci, altrimenti mollate comunque il viale e godetevi Borgo Bello, alias Corso Cavour, e traversine varie col loro fluire di botteghe, bar, ritrovi culturali, … Ne riparliamo più sotto.
Proseguendo fino alla Chiesa di Sant’Ercolano si sale in centro -se non ci siete mai stati dovete rimediare quanto prima- ed è subito GNU, la Galleria Nazionale dell’Umbria, che per un appassionato vero richiede giorni interi di visita. La scelta di esporre per epoche a crescere è appassionante e a modesto avviso di chi scrive funziona benissimo.
Per il pranzo c’è stato, e speriamo ci sia ancora, uno di quei pochi posti che fanno il poke senza imbellettamenti finto-hawaiani e, con tabelle nutrizionali a parete ma senza alcuna pesantezza, invitano a comporre coscienziosamente il pasto. Si chiama Postogiusto e ci si trovano anche panini simpatici e qualche birra artigianale locale. Carino assai, anche per la posizione in piena vitalità perugina.
Giorno 6: Bevagna… e Perugia, a chiudere in gloria
Già arrivare a Bevagna è un bel guardare lungo il tragitto, perché molta della campagna umbra è proprio bella e anche molte zone antropizzate non lo sono in modo invasivo, arrivando agli occhi come un paesaggio morbido e, in fondo, rassicurante. Il paesino è molto godibile nella sua semplicità, con le vie principali, la piazza, la chiesa e i negozietti a mettere assieme in poche centinaia di metri tanti motivi per cui l’Italia è uno splendore costante con poche brusche interruzioni.
Si pranza a Le Barbatelle, minuscolo wine bar molto carino in cui il menu corto e delizioso accompagna belle bottiglie, tra cui molte artigianali.
Ripartendo da Bevagna si va in chiusura di vacanza lungo un festoso crescendo enoico:
nel pomeriggio si fa visita a due realtà locali del vino parecchio diverse per tipologia, produzione e mercato:
Colsanto è una delle proprietà di Livon; gli studiati del vino sanno che si parla di un’azienda dai numeri grandini. Architettura resa intenzionalmente semplice ma cercata, di dettaglio, raffinata dal locale di degustazione alla zona in cui sono state ricavate 5 camere eleganti. Vini assaggiati ovviamente buoni, ma con un’intenzione anche di mercato chiarissima. Va bene così, ché in questo simpatico blog la diatriba naturali-convenzionali non è ritenuta appassionante e ciascuno può andare serenamente a gusto personale, tanto quel che fa male nel vino è l’alcol
Di Filippo non è sul versdante dei naturali ma produce comunque in biologico. Le due cantine sono a pochi minuti di distanza (come molte altre) e secondo noi assaggiare nello stesso giorno due idee differenti di vino è un valore. Sta di fatto che i vini li abbiam comprati qui
Stavolta non ci siamo passati, ma sulla strada tra le due soste fatte c’è anche Tenuta Castelbuono. Vi sarà subito chiara la collocazione di questa cantina tra le due categorie espresse sopra. Non perdetevi degustazione, visita e, se siete astemi ma vi han fatto entrare lo stesso in zona Montefalco, anche la sola vista del Carapace!
in serata, dove incontrare amici storici bellissimi di Perugia se non in un posto bellissimo? Si torna a Borgo Bello, da Sara Boriosi e Giovanni Corazzol, che insieme gestiscono il fantastico Venti Vino. Sì, è un’enoteca con un po’ di cose da mangiare in accompagnamento, e sì, c’è tanta tanta attenzione e cura per far uscir fuori dal bancone cose cercate e mai casuali, ma se non fosse per queste bellissime ragioni sembrerebbe comunque un locale nato per far star bene le persone che lo raggiungono, che ci si incontrano o che ci passano anche solo davanti con la curiosità di osservare
Godetevi una vacxanza in queste zone, dateme retta!