Livorno e Pisa: tre giorni fra un deh e un gao

Che si fa in un bel ponte primaverile partendo da Roma?

Si va a Livorno, per esempio!


Due ore e mezzo di treno anche da Ostiense, con parcheggio comodo a metri dai binari, e via, una robina facile per conoscere una città poco turistica (dati 2025), piuttosto identitaria e che non ti mette l’ansia da prestazione del viaggiatore perfetto, tipo ECCO ORA IN DUE GIORNI DEVO VEDERE ASSOLUTAMENTE QUESTE TREDICI COSE O SONO MORTO: ha le sue cose da fare e vedere, i suoi spazi, … Ti fa dire fra te e te: Tranquillo, te la godi e torni.
Così l’abbiamo immaginata, così è andata. Vediamo come.

Due parole sulla città

Qui sotto mettiamo giusto i fondamentali per inquadrare la geografia della città:

  • – se arrivate col treno siete a est del centro; via Carducci dritti dritti, finite in piazza della Repubblica, enorme e curiosamente vuota, e da lì è centro, una sorta di quasi-pentagono delimitato da fossi (i canali) e mare
  • – a tagliare a metà il centro c’è via Grande, che proprio da piazza della Repubblica arriva est -> ovest al porto
  • – la parte nord del centro è il quartiere Venezia, voluto dai Medici come un sistema di canali a raggiungere botteghe (che hanno comportato l’arrivo di merci, mercanti, famiglie, religioni e culture da ogni dove, a far di Livorno un regno anche attuale della laicità)
  • – la parte su del centro ha il mercato di piazza Cavallotti, all’aperto, e il Mercato Centrale, coperto, che è una meraviglia

Vi raccontiamo Livorno per come l’abbiam vissuta e girata noi, come al solito senza fronzoli verbali, pretese di esaustività, top five e must-see vari.

Giorno 1 – partenza e giustamente pure arrivo

Capitarci il primo Maggio è parecchio simpatico, proprio in senso etimologico. C’è un “cuore comunitario” che, quando si parla di questioni come cacciucco, imprecazioni diciamo colorite, partecipazione sociale e “boia dé”, mette assieme molti livornesi in una cosa sola.
A Fortezza Nuova, di fatto una sorta di isola verde circondata dai fossi del centro (i canali d’acqua, si diceva sopra), il primo Maggio significa aggregazione, musica, mangiare tutti insieme. Tra le bancarelle, le coperte sui prati, le panche accanto coi tavoli, i cani a spasso coi padroni e le birre allegre, noi estranei ci divertiamo e ci stupiamo piacevolmente nel vedere come il live dei Licantropi, IL gruppo popolare di Livorno, sia un coro collettivo sui testi, buffi ed estremamente local, che ti fanno sentire pienamente dentro questa città.
In proposito si tengano a mente i fondamentali: il gatto fa miao, il pisano fa “gao”.

Il cacciucco, piatto scelto per il primo pranzo in questa città, è un divertimento d’altra natura ma con un sapore per certi versi simile, specie mangiandolo in posti frequentati dai residenti. In merito c’è una bella notizia: poiché, come dicevamo sopra, il turismo è molto contenuto, si sta benissimo mangiando ovunque, tra le chiacchiere di chi abita questo posto e atmosfere che sono autentiche e, in senso assolutamente positivo, ingenue nella loro tranquilla quotidianità.
Tenete presente che prenotare nei posti più noti e/o validi resta consigliatissimo, in alcuni casi indispensabile e comunque una scelta positiva perché d’aiuto ai ristoratori.

Il nostro cacciucco, buonissimo, lo abbiamo mangiato da “La vecchia Livorno“, che ci è piaciuto assai anche per atmosfera, servizio e prezzi.

Nel pomeriggio si passeggia un tot: il giorno festivo qui significa negozi perlopiù chiusi e quindi un po’ meno movimento sulla via principale, sicché si gironzola un po’ per la Venezia, il piccolo quartiere che… ah, già, l’abbiamo detto più su (un caffè buono lo fanno all’angolo tra via Strozzi e via della Venezia). Carino, animato la sera dai tanti ristoranti e locali aperti lungo i fossi e rimasto autentico, come del resto tutta la città.

Per stanchezza si mangia a casa, ordinando la pizza da Spicchio di Luna, che fa anche un ottimo impasto integrale. Approfittando proviamo anche la loro torta di ceci, argomento che a Livorno ha una sua specifica sacralità. Ci portano anche il pane che istituzionalmente accompagna la torta di ceci, costituendo con lei il 5e5.
Tutto molto buono.

Giorno 2 – Pisa ma anche cena livornese simpatica

A un quarto d’ora di treno c’è Pisa.
Di treni per Pisa ne hai a bizzeffe.
Ne segue agilmente che pure Aristotele una gitarella da Livorno l’avrebbe fatta.

Quel che si può raccontare sulla rivalità secolare tra pisani e livornesi durerebbe dozzine di righe, sicché evitiamo, ricordandovi però che se volete sondarne le origini trovare in rete di tutto, mentre se volete assaporarne l’attualità dovete leggere un mensile che vi indichiamo un po’ più sotto.

Pisa soffre da tempo di turismo gestito un po’ “meh”.
La faccenda salta agli occhi facilmente vedendo che su tre vie del centro viaggia il 90% abbondante dei turisti. Il contraltare è il vantaggio di lasciare, ai curiosi, spazi, chiese, vicoli, trattorie ed atmosfere decisamente gradevoli anche a cento metri da quel costante flusso.

Capite bene come non abbia alcun senso raccontarvi proprio qui lo scoop di una torre che sta in piedi un po’ curiosamente, di una cattedrale notevole eccetera. Anche in questo caso quindi usciamo dal mainstream globale e torniamo in quello nostro, non mancando però di farvi notare che, guardacaso, quando ci siamo stati noi di Dateme Retta la Torre di Pisa era dritta.

A pranzo abbiamo scelto direi benissimo. La trattoria in cui abbiamo già voglia di tornare è stata Sant’Omobono, in pieno centro ma appena laterale, quindi frequentabile (ma prenotate!).

Si torna, si riposa un po’ per i chilometri fatti e si riparte per il centro, inizialmente superandolo di slancio in bus per arrivare a vedere la Terrazza Mascagni, grande e piacevolissimo affaccio panoramico sul mare appena più a sud.

Voleva essere un aperitivo quello che è subito stato promosso a cena, per quantità e goduriosità, da Signor Nico, proprio sulla rotonda del porto a chiudere via Grande. Le sue schiacciate sono uno dei motivi per cui passare da queste parti, fantasiose e divertenti, e se avete un normale appetito cenate con una di queste.

Giorno 3 – Il centro

Colazione al bar tabacchi, per immergersi appieno in una città che si mostra autentica pressoché ovunque, ad oggi, e che quindi non costringe a rifugiarsi continuamente in angoli di verità, come invece accade ormai in tante capitali del turismo.
Poi passeggiata centrale, fatta di vetrine, cani (un sacco di gente ha il cane, a Livorno). Per assaporare tutto il centro, però, una mattinata non è mattinata senza il mercato di piazza Cavallotti, rumoroso, vitalissimo (perlomeno di sabato) e ricco di tutto, con l’area più classica di frutta e verdura, i chioschi per pane o carne e una zona di vestiti ed altro.
Lì accanto c’è Gagarin, tempio del 5e5 fin troppo frequentato e quindi non visitato causa lunga coda, e c’è il Mercato Centrale -o delle vettovaglie- in tutta la sua imponenza (e bellezza!): banchi di frutta, verdura, carne o pesce, tanti chioschi per il pane, negozietti e un po’ di ristorazione, tutto dentro un’architettura fatta per accogliere ma pure per farsi guardare, con un’allure parigina simpaticamente affiancata a invocazioni che altrove qualcuno definirebbe blasfeme, ma che qui, via, son vissute come un poffarbacco.

Si pranza qui dentro, Alle vettovaglie. Bella scelta di proposte con prodotti di qualità e ambiente ovviamente… di mercato. Si beve bene, oltretutto, con proposte perlopiù di produttori piccoli che il titolare cerca in giro con cura e amore.

Nel pomeriggio il meteo non ha aiutato, sicché il resto delle scoperte è stato un po’ condizionato ma, come dicono quelli seri, abbiamo trasformato il veleno in medicina e quindi, con lunga camminata suddivisa in tappe indoor più o meno forzate dalla pioggia, abbiamo

  • finito il giro esterno intorno a Fortezza Nuova incrociando pure “corsi di gozzo” e imponendoci il passaggio NECESSARIO davanti alla sede storica del Vernacoliere, mensile che a Livorno è un po’ più sacro delle religioni
  • visitato la chiesa di Santa Caterina (che ha una cupola molto bella)
  • raggiunto il Mercato Americano, che nel tempo si è ridotto per dimensioni, ma che ha ancora un suo perché se piace un certo genere di abbigliamento
  • percorso dentro-fuori-sopra-sotto la Fortezza Vecchia
  • gironzolato un po’ per il porto e le sue ramificazioni (diciamo che una sistematina d’insieme potrebbe giovare)
  • guardato, nell’area del cantiere navale, un po’ di vetrine (la pioggia era nella sua fase insistente) e una rassegna temporanea di libri nel molto godibile centro commerciale Porta a Mare, efficace esempio di rifunzionalizzazione che non “sbatte” col contesto ed è molto piacevolmente camminabile senza compressioni claustrofobiche da mall metropolitano

A cena siamo tornati alle Vettovaglie perché siamo stati bene in quell’atmosfera e perché abbiam voluto vivere anche la versione serale del mercato, a banchi chiusi ma con un live set di chitarre e voce ad accompagnare assaggi e bicchieri.

Chiudiamo in gloria con un ponce ben fatto al baretto supertipico lungo la strada verso casa, dove il titolare cinese gestisce alla grandissima un avventore un po’ molesto e due signori locali danno di fatto una mano a tenere il tutto sotto controllo, spostando le loro chiacchiere con birra all’esterno mentre controllano da fuori. Eccezionali ed efficaci, perché il tipo non trova agganci alle sue mezze provocazioni un po’ goffe e torna di fatto innocuo a costo zero.

Piaciuto tutto?

Sì.
Livorno è una città molto gradevole, senza sussulti imponenti se cercate un effetto wow nelle vostre gite, ma con una bella fruibilità di spazi e occasioni.
Quando ci siam capitati noi il Museo Fattori, che a naso va visitato per più ragioni, era in ristrutturazione, quindi del museo non abbiam parlato mica per ignoranza crassa, eh?

Quanto al dormire usciamo un attimo dal contesto: prenotare per una vacanza è diventato -anche a Livorno, ma appunto diremmo pressoché ovunque- tema da famiglie non dico agiate, ma insomma certamente libere dal dover fare i conti con la fine del mese. Su questo c’è qualcosa di strutturale che non torna, ma il tema è enormemente più grande e complesso di questo articolo.

Ultima annotazione felice: questa città è uno dei capoluoghi nazionali della gentilezza. Chiunque abbia scambiato parole con noi ci ha lasciato un’impressione positiva, a prescindere dal fatto che fosse un commerciante, uno interpellato per un’informazione o altro. A sensazione sembra si tratti di un modo d’essere diffuso e spontaneo.

Evviva Livorno, datece retta!

Vienna d’Inverno

(ultima visista: gennaio 2025)

Ci siamo divertiti.
Sintetizziamo così com’è giusto e in tema, asciutti e asettici come Vienna talvolta sa essere.

L’arrivo

Dall’aeroporto alla città c’è mezz’oretta di treno. In merito ci sono due possibilità, similmente a Roma, ma con forbice di prezzo più ampia:

  • un treno da 4.50 euro, chiamato S7
  • il CAT, avendo necessità o desiderio di metterci dieci minuti in meno e gradendo la sola fermata di arrivo, da 14 euro

Il dilemma non è stato particolarmente dilaniante.

  • tip 1 di 2: nella hall dell’aeroporto la fila alla biglietteria elettronica farebbe venir voglia di scendere nell’area treni e cercare lì analoga ticket machine. Ecco: fatelo, perché c’è
  • tip 2 di 2: tendenzialmente
    • gli S sono treni di superficie, viaggianti talvolta sottoterra
    • gli U sono treni di sottoterra, viaggianti talvolta in superficie

Com’è fatta?

Una bella fetta di viaggiatori europei conosce questa città, ma non è che qui si rinunci a parlare solo perché voi andate in giro, eh? Quindi, asciugando il tutto fino a realizzare una sintesi di mirabile superficialità, Vienna è un po’ così:

  • Il centro del centro è interno ad una specie di poligono costituito, in senso orario, da:
    • Ring (da est a nord)
    • Donaukanal (un ramo del Danubio che già di suo fa la figura di un fiume nemmeno piccolo). da nord a nord-est
  • Lungo il Ring, ma anche lungo una sorta di sua corona esterna, ci sono monumenti, palazzi e musei a mazzi, che di fatto estendono il centro
  • da lì verso l’esterno partono i numerosi quartieri, che in una sorta di spirale a partire dal centro sono denominati con un numero crescente.

Più superficiali di così non siamo riusciti, spiacenti.

  • tip 1 di 2 su com’è fatta Vienna: non è detto che vi servano abbonamenti ai mezzi pubblici, se amate camminare e vivere a piedi la città, perché Vienna, quantomeno nei suoi quartieri attorno al centro, non è enorme
  • tip 2 di 2 su com’è fatta Vienna: in inverno è fatta di freddo. Maglia termica sotto al maglione e, volendo, pantaloni termici. Ci ringrazierete

Cosa abbiamo fatto? E visto? E sentito?

Eh ma quante domande…

I nostri cinque giorni qui, tra un freddo pungente, un’umidità indiscreta, qualche fiocco bianco e ventate on the rocks, son passati senza liste delle top N cose da vedere, sicché si è camminato molto e ci si è permessi qualche giro fuori standard.

Per dormire (e cenare a casa, di fatto) abbiamo scelto il quartiere di Wieden, davvero gradevole e poco turistico, ad una passeggiata di distanza dal centro lungo il lato ovest del Castello di Belvedere. La struttura, Pakat Residences, è un palazzo dedicato allo scopo, funzionale, pulito e certamente all’altezza dei severi canoni di Dateme retta.

Musei

A Vienna è un po’ bizzarro fare una vacanza senza visitare nemmeno un museo. C’è un “catalogo” di possibilità davvero imponente. Qualunque ricerca preparatoria di un soggiorno qui vi porterà un elenco che sarà impossibile esaurire nel corso della vacanza.
Le nostre scelte, dettate da considerazioni che vi diremo sotto, sono state solo due, in modo da avere altro tempo per conoscere la città anche fuori dal suo centro, seguire altri eventi e godersi una pianificazione non aggressiva. Va aggiunto che, se si è davvero appassionati, ciascuna delle due scelte può richiedere anche una giornata.

  • Kunsthistorisches Museum
    Questo a nostro avviso va scelto a prescindere. Collezione magnifica, esposizione di altissimo livello con molta luce naturale, sale funzionalmente pensate per godere delle opere. C’è un bar al centro del museo, che non abbiamo provato ma che è molto bello e fa molto coffee culture viennese
  • Castello del Belvedere
    Qui la situazione è diversa.
    • Si visita anche un palazzo con le sue sale, al di là delle molte opere esposte
    • Si passeggia lungo un grande giardino, peraltro percorribile anche non facendo biglietti
    • Si visitano tre edifici vivendo tre contesti diversi per ambientazione, mood, esposizione, periodo storico, partendo dal medioevo e arrivando al contemporaneo col Belvedere 21.

Si dice spesso che Vienna è cara. Di sicuro per un italiano non è economica, ma tra ciò che effettivamente costa di più ci sono di certo i biglietti dei musei. Le due visite, in ogni caso, valgono il prezzo.

Chiese

Tante e belle. Ne abbiamo viste alcune e quindi, ovviamente senza pretese di esaustività, vi diciamo di non perdervi queste:

  • in centro (dentro il Ring, quindi):
    • San Pietro, praticamente lungo il Graben
    • Sant’Agostino, alle spalle di Hofburg
    • San Ruperto, in una piazzetta che è anche un suggestivo ingresso al ghetto ebraico dal fiume
    • Santa Maria sulla riva (arrivateci da Tiefer Graben per govervi un bel colpo d’occhio)
    • Sant’Anna, di fronte ad un’uscita laterale del Casinò che, di sera, per via di alcune presenze umane sospette, rende la piccola via un pochino inquietante
    • Madonna della neve, diciamo non la più bella ma con una personalità e una piazzetta tutta per lei
    • ..ok, ok, anche Santo Stefano che poi è il Duomo, ma che però è anche la meno godibile (leggi: overtourism) nonché quella per cui l’ingresso si paga, al netto di una sosta nell’endonartece. Ad ogni modo, anche il Duomo, visto dall’esterno, è un gran bel vedere.
  • fuori dal Ring:
    • la Chiesa Votiva (imponente come il Duomo ma, appunto, meglio godibile e visitabile, con una frazione minimale dei turisti rispetto alla prima)
    • Santa Maria Ausiliatrice, lungo la strada pedonale omonima, gradevole e dedicata allo shopping dei viennesi, che parte dal Museumquartier
    • Santa Elisabetta, proprio a Wieden, il nostro quartiere, in una piazzetta piacevolissima con ampi spazi pedonali e punti di ristoro da locals.

Cose belle delle chiese a Vienna: ci sono i fedeli dentro. Pregano pure, e cantano che è un piacere. In ogni chiesa c’è qualcuno seduto in quanto cattolico, più o meno a qualunque ora.

Concerti

Non saremo certo noi a svelarvi che tra Vienna e la musica classica esiste, come dire, una qualche connessione. La cosa si traduce in vario modo nella vita della città: turisticamente, ci sono un museo dedicato, la casa di Mozart, numerose sale e quant’altro, ma molte chiese hanno un loro programma di concerti che raduna anche i cittadini, oltre ai visitatori. Cercate quel che accade in merito durante la vostra permanenza; a noi è andata benissimo nella suddetta chiesa di Sant’Agostino, con una messa parrocchiale che aveva come soundtrack la Messa solenne di Mozart, KV 337.

Quartieri

Tra le bellezze di una vacanza in città ignote c’è, secondo noi, il perdersi tra quartieri “normali”, camminandoci dentro come fossimo tra concittadini in un giorno qualunque, un po’ per vedere di nascosto l’effetto che fa, come diceva il poeta, e un po’ perché è uno dei modi per assorbire realmente qualcosa di autenticamente identitario del luogo.

Spinti da cotanta motivazione anche su Vienna, possiamo dirvi questo:

  • Centro
    Bello, certo.
    Stiamo parlando di Vienna, sicché ritengo impossibile definire oggettivamente meno che bello il suo centro.
    Quasi interamente pedonalizzato, ricco di viali ben tenuti, pulito, architettonicamente ben fatto (con qualche svarione, ad esempio di fronte al Duomo), interessante se si abbandonano le due vie principali e si gira tra vetrine di piccole gallerie d’arte, pasticcerie sontuose e qualche negozio meno appariscente, carica di fascino in molti scorci e in molte luci…
    Insomma, sarebbe davvero un centro storico bellissimo se non fosse per questo flusso turistico ormai teleguidato che caratterizza tante città, ne satura in modo non gestito le zone che hanno l’hype del momento e toglie concretamente identità. Un peccato davvero, oltretutto ormai diffuso (in Italia abbiamo come minimo tre casi clinici sul tema), dovuto a stimoli e approcci promozionali mirati alle classifiche, alle top 5 cose da fare, alle prime 3 da non perdere, col risultato che un pellegrinaggio laico ritiene compiuto il viaggio se ha spuntato le voci obbligate di un elenco, come se Vienna o un’altra città fosse il disegno nella Settimana Enigmistica che si vede solo unendo tutti i puntini numerati
  • Ring
    certo che non è un quartiere, ma ha una personalità a sé stante, un aplomb, una allure, un qualunque vocabolo francese elegante di vostro gusto, che lo rendono distinguibile. Qui c’è il fluire ininterrotto dei tram, il passo svelto degli indomiti corridori, qualche bici, la solennità di grandi opere come musei, municipio, palazzo imperiale, colonne, porte d’ingresso alla città, teatri, vita centrale e periferica che si incrociano, evidenti come in un aeroporto gigante che vede passare chi parte e chi arriva. C’è il fulcro del movimento di questa città e camminarci dentro, anche senza avere una destinazione precisa, è un’esperienza bella da vivere
  • Neubau e Laimgrube
    a “monte” del Museumquartier c’è un distretto che dal centro sale dolcemente e, tra vie e viali, ti porta un po’ a spasso in una città meno austera e seriosa, con una lunga strada pedonale strapiena di negozi un po’ mainstream ma non oppressiva (la suddetta Santa Maria Ausiliatrice, Mariahilferstrasse) e tante vie molto animate dalla quotidianità cittadina
  • Wieden
    Il quartiere in cui abbiamo dormito è, nella zona più a est, raffinato, essenziale, di residenze e uffici, con poco commercio e molta tranquillità, tra qualche caffè e bottega elegante, in un’atmosfera molto calma, e si movimenta via via che ci si sposta verso ovest, fino ad arrivare al Naschmarkt, divertente tonnara turistica di ristorantini e banchi alimentari che, nei weekend, prosegue verso sud-ovest con un mercato delle pulci simpatico e fruibile senza paure
  • Weissgerberviertel
    La quasi totalità dei turisti ci va per UN SOLO motivo, chiamato Hundertwasserhaus, un condominio di edilizia popolare assolutamente originale che però va visto ignorando il caos che ormai ci si è creato attorno. Il resto del quartiere è molto piacevole e la sensazione è che il suo lato nord, lungo il fiume, d’Estate sia molto vissuto. Torneremo!
  • Heiligenstadt
    Se volete vivere la periferia, vedere come siano state concepite nel secondo dopoguerra le case popolari e le loro zone di accesso, fatevi un giro qui, con metro o tram, e su tutto visitate Karl Marx-hof, grande palazzo residenziale con giardino, tram, bus e metro a un palmo, per farvi un’idea su una certa visione del mondo.

Ok, ma per mangiare?

Se già di suo l’italiano può permettersi becere battute da bullo sulle altrui tradizioni culinarie, l’ampiezza di spettro delle proposte gastronomiche austriache non fa che aggravare il problema. Va però condiviso che, quando si nasce nel lato fortunato del mondo, divertirsi col cibo -anziché lamentarsene- è un dovere morale, anche perché, a parte la poca varietà autoctona, qui non si mangia male.

La sintesi di quanto provato:

  • ristoranti
    • Cafe Goldegg a Wieden: atmosfera molto viennese, ma più informale che elegante, anche se non manca la persona che si occupa esclusivamente di accogliere e salutare i clienti. Buona esperienza complessiva, ma il suo top anche per vivere un pezzo vero di Vienna sono le colazioni salate
    • Glacis Beisl a Museumquartier: attenzione, perché qui siamo sostanzialmente al top di quanto abbiamo testato. Ambiente un po’ freddino all’interno ma molto bello nel giardino d’inverno e, con l’immaginazione, anche nel cortile estivo; soprattutto, gli abbiamo conferito il titolo di miglior Schnitzel e miglior goulasch (entrambi da carni bio che avevano il loro sapore a prescindere da quel che gli stava intorno), nonché quello di menu più fantasioso. Bella scelta anche di vini artigianali (con ricarichi che purtroppo restano un problema anche fuori dall’Italia, pare)
    • Boheme tra Neubau e Museumquartier: la musica lirica è coprotagonista in sottofondo costante per questo ristorante molto molto viennese, con legno alle pareti, menu del giorno assolutamente convenienti e una cucina senza strilli ma solida
    • Burger Bros “The Mall”: se per qualche motivo siete finiti nel centro commerciale che corrisponde alla frequentatissima stazione Wien Mitte, questo è un posto divertente con un menu sfizioso e buona qualità
    • Cafe Restaurant Raimund, Museumquartier: anche qui atmosfera molto viennese, un minimo più formale che altrove ma con avventori di varia natura; menu che non si sposta dal solito ma funziona. Menzione per la Sacher
    • Wiener Cucina, nella zona del Belvedere 21: con l’arte contemporanea una sorta di osteria contemporanea ci sta bene. All’interno del vecchio arsenale, che ora ospita anche un museo, questo posto grazioso e accogliente di fresca apertura ha un menu piuttosto classico e corto, ma anche una gentilezza e un buonumore (le origini napoletane della titolare aiutano indubbiamente) che non troverete spesso altrove. Cortile esterno in cui d’estate dev’essere una gioia mangiare
  • pasticcerie, forni e caffè
    • Kleines Cafè: pieno centro. Se vi sta bene il cash only, che a quanto pare qui a Vienna è permesso perché esplicitamente indicato in vetrina, ci troverete un’atmosfera da piccolo pub, raccolta e del tutto informale, ma pure una Sacher notevole
    • Oberlaa: catena di pasticcerie di cui abbiamo visitato la sede a due passi dal Duomo, con tre piani di tavoli, un ambiente elegante e curato ma non leccato, e con prezzi sensati. Forse il premio Top Sacher va a loro
    • Offerl: noi abbiam provato quello del link, in centro entrando dalla stazione di Wien Mitte, ma si tratta anche qui di una catena. Se vi sta bene spendere 4.80 per un croissant nel 2025, qui mangerete uno dei migliori a Vienna (il migliore riferito ai nostri rigorosi test)
    • Backwerk: altra catena, di cui quella nel link è la sede più centrale, nel grande sottopassaggio di Karlsplatz a ridosso dell’uscita per l’Opera. In tantissimi vanno per prendere singoli pezzi da asporto come panini o dolci, ma per quanto ci riguarda il divertimento è stato tutto coi burek, farciti in vario modo.
      Che significa “non so cos’è un Burek”? Andate in Mitteleuropa e assaggiate, no?
    • Furgoncini: di tanto in tanto vi capiterà l’equivalente dei vecchi Ape Piaggio aperto da un lato a fare caffè. Ecco: generalmente fanno specialty coffee, quindi sono occasioni per bere un caffè buonissimo (per alcuni gusti magari un po’ radicale) a un prezzo decoroso
  • supermercati
    • Billa: molte sedi in giro. Tra i motivi per andarci: ottima scelta su tutto, prezzi buoni, area prodotti freschi in scadenza con sconti (utilissima per noi che facciamo i turisti e non accumuliamo provviste per un mese). Inoltre alcuni hanno un’area food interna con qualche tavolino per un pranzo volante
    • Spar: altra fascia di prezzo, specie se entrate in quelli marcati Gourmet, però magari salvano la giornata per qualche emergenza
  • bar
    Bar? Quali bar?

Stranezze? Particolarità?

Cose peculiari sparse di Vienna winter 2025:

  • le marmitte fetenti
    In prossimità del Ring attorno al centro viaggiano serenamente, e non solo di tanto in tanto ma frequentemente, auto che fanno una puzza che in Italia si riscontrava attorno al 1981. Ciò accade lungo viali enormi e quindi con auto piuttosto distanti dal marciapiedi, a sua volta enorme anch’esso. Questo per dire che la puzza è proprio rilevante.

    Magari ci è andata male con un regolamento municipale che segue il freddo, secondo cui in inverno possono circolare le Euro -1, Euro -2 eccetera. Ahahah, che ridere.
  • le ciclabili per i runner
    le ciclabili, naturalmente sparse un po’ ovunque, sono sostanzialmente vuote o percorse talvolta dai rider. Sicuramente in estate sarà tutto molto diverso, ma di gente in giro ce n’era e l’effetto era un po’ strano, anche rispetto ad altri posti in Europa in cui l’inverno non ferma i ciclisti.
    In compenso sono davvero molti i runner, uomini e donne che, indomiti, attraversano la città come fosse normale farlo correndo a quella temperatura, senza uno straccio di sofferenza nell’espressione.

    Forse durante l’attività con vento, freddo e umidità perdono l’articolazione dei muscoli facciali
  • la vastità del cash-only
    i negozi totalmente o parzialmente “cash only” non sono pochissimi, visto che parliamo di una importante capitale europea. Per utilizzare paragoni recenti, città decisamente meno grandi e famose come Sofia o Brno sono messe largamente meglio. Diciamo che stupisce, in particolare, leggere questa indicazione anche nelle vetrine di alcuni negozi di rilievo e in pienissimo centro.

    Fa un po’ sorridere, questa Vienna anti-capitale che fa una commercialissima offerta a commercialissimi turisti
  • l’altalenante simpatia
    L’espansività tricolore, lo sappiamo, può arrivare nella sua genuinità a risultare perfino fastidiosa e invasiva, ok. Non è però praticando comportamenti raggelanti che si arriverà a relazioni equilibrate tra gli esseri umani, ecco. Il grosso dei ristoranti e locali applica una sequenza dimmi-che-ti-serve-ecco-qui-paga-vai, lasciandosi scappare un sorriso se proprio non se ne può fare a meno.
    C’è una componente tradizionale e culturale che non va nemmeno dibattuta e che vale quanto la nostra, ma l’adozione di un approccio diverso da “ ‘zzo vuoi?” quando si ha a che fare con persone che pagano per un servizio sembrerebbe altrettanto fuori discussione.

    Conforta vedere che le esperienze di comunicazione migliori le abbiamo avute coi più giovani
  • servizio sul conto del ristorante, io e te dobbiamo parlare
    è vero che esiste nei ristoranti di tante città del mondo, ed è vero che non dobbiamo fare i provinciali, MA:
    • una voce di conto per il servizio, obbligato a percentuale, significa che lo stipendio al personale di sala lo stiamo pagando noi (com’è normale), ma a parte rispetto ai piatti, sui quali perciò il costo del personale non dovrebbe ricadere. Molti di quei piatti allora diventano cari già per questo
    • un servizio non obbligato, ma richiesto con una finta domanda è una contraddizione, perché l’aggiunta dipende dalla qualità del servizio ricevuto, e quindi dovrebbe poter valere anche zero se il cliente non si ritiene soddisfatto

Indi?

A chiudere: Vienna è bella, in molti luoghi bellissima. Purtroppo in centro soffre di una malattia comune ai luoghi più visitati di tutta Europa, ma basta fare cento metri in altra direzione e tutto cambia, quindi c’è tanto da vedere. Superate la freddezza di molti dei suoi abitanti e vi godrete un luogo d’arte, architettura e futuri urbani possibili come non ce ne sono moltissimi. Aspettatevi di spendere un po’ più del desiderato ma nulla di drammatico.

Insomma, non è che sia proprio la scoperta del nuovo mondo scriver qui cose belle di una delle città più note e visitate al mondo, ma Dateme retta e andate tranquilli!

Scoprire Brno: Guida alla Città senza Overtourism (updated 2025/01)

(ultima visita: settembre 2024)

Perché Brno?

Sta diventando sempre più piacevole avere a che fare con luoghi che non soffrano di overtourism. Non è questione di snobismo, o magari anche, ma insomma non è qui il punto.
L’andatura liscia e serena di una giornata fuori che non ti veda in fila per questo e quello, o alle prese con tattiche sottili per evitare orari di picco su pasti o visite, è un piacere ed un valore aggiunto per due motivi: un po’ c’è il gusto del godersi un posto senza strategie, ma soprattutto quel viaggio somiglia parecchio di più a un’esperienza di contatto reale con la quotidianità di una città, di una terra e delle sue normali abitudini e caratteristiche, e consente di osservare davvero, magari partecipando, come funzionino le cose fuori dal quartiere che viviamo.

Ecco: questo è in sé un motivo per andare a visitare Brno, la seconda città per grandezza e importanza in Cechia che, però, non sembra tenere in alcun modo a sfoggiare questa medaglia d’argento, mostrando invece una normalità da cittadina di provincia che appoggia le sue cose belle in mezzo a tutto il resto, senza enfasi, senza rumori particolari.

A prima vista

Una città perlopiù a trazione industriale evoluta via via grazie a centri di ricerca e università: questa è, per sommissimi capi, la storia recente dello sviluppo sociale, culturale ed economico di una città dalla storia articolata e ricca di eventi che riguardano direttamente il suo centro o zone immediatamente vicine.
Per qualcuno di noi magari le architetture diciamo essenziali appena si esce dal centro (ma proprio a metri, eh!) marcheranno una distanza inizialmente spiazzante con le nostre abituali vedute urbane, ma in primo luogo non è che invece noi si possa andare sempre particolarmente fieri delle nostre periferie, da un lato, e dall’altro il rispetto per i luoghi e la loro storia chiede che al nostro passaggio corrisponda uno sguardo consapevole e centrato.
In sintesi non state lì con la puzza sotto al naso e procediamo, orsù.

Raggiungerla, per un italiano, significa avere una discreta pazienza se si va in auto oppure prendere treni o aerei che probabilmente passeranno per Vienna, in modo da poter poi proseguire in pullman o ancora treno verso la destinazione.
Se non arrivate con mezzi propri l’arrivo è comunque in zona stazione, che si trova in posizione centralissima (l’angolo sud-est del centro storico). Poi parliamo dell’encomiabile trasporto pubblico.

Brno nel suo centro è due colline: una -ben più alta dell’altra- ha in cima la fortezza di Spielberk, mentre l’altra in salite e discese tutte lievi ospita il centro vissuto come tale da residenti e turisti.

Che succede a Brno?

I turisti, dicevamo: pochi, curiosi, divertiti da questa città che nel suo piccolo, come si dice, offre molto. Come sapete, qui su datemeretta non ci si addentra nel tunnel delle 10 cose da vedere, 10 posti in cui mangiare eccetera; il nostro intento non è aggiungerci a centinaia di riferimenti già facilmente reperibili che vi indicheranno già tutto. Ci divertiamo invece a raccontarvi come ci siamo stati noi.

Si può cominciare per esempio dalla stazione (angolino sud-est del centro, dicevamo), oppure arrampicandosi lungo le scale che portano alla cattedrale dei santi Pietro e Paolo (angolino sud-ovest). Nel primo caso si parte dalla via turistica e commerciale che attraversa il centro per intero fino alla piazza principale, mentre dalla cattedrale si ridiscende per strade minori e più caratteristiche. In tutti i casi l’immersione nell’atmosfera della città è pressoché immediata.

Mind the gap

Qui sotto qualche indicazione che secondo noi funziona per godersi un po’ città, persone e mood:

  • Timidi? Un po’
    La città è frequentata molto più dai suoi cittadini che dai turisti, sicché vedrete scolari, lavoratori, gente che fa la spesa e affini un po’ tutti assieme anche in piazze il cui affollamento, fra tram sferraglianti, negozi, auto e bus, a noi italiani farebbe pensare ad un certo livello di rumore. Qui no, le persone hanno un parlare moderato per volume e per… parole, perché in effetti anche tra loro parlano pochino rispetto al nostro costume medio. Gustatevi il suono dei vostri passi anche in uno stradone ben popolato e non fate troppo caso agli scambi spesso minimali che avrete in cassa o con un negoziante qualunque. Tra l’altro in alcuni casi scoprirete anche che son semplicemente più discreti di noi e, a domanda, rispondono aprendosi volentieri.
  • Attenti ai tram
    Un avvertimento banalotto, direte voi.
    No, dico io.
    In molte strade -del centro ma anche oltre- i tram corrono via lungo strade che per il resto son pedonali, oppure che hanno la corsia pedonale a filo con quella stradale (e con identico materiale). Insomma, un tram passerà almeno una volta dove non ve l’aspettavate, ma giustamente sarete voi ad esser fuori posto, non lui.
    Ecco, sintetizzerei così il suggerimento per queste situazioni:
    suonano, ma non frenano.
    L’altra cosa simpatica che vi capiterà salendo su un tram riguarda la discesa, che -vedi la’rticolo su Sofia di questo stesso simpatico blog- spesso avverrà in mezzo alla strada, non di lato. Anche in questa città le auto civilmente troveranno normale fermarsi dietro al tram e attendere, ma voi non troverete normale scendere dal tram per trovarvi dentro la strada. Sopravviverete sempre, questo è il bello.
  • Birra
    Come accade in molte città dell’Europa centrale bere birra costa meno che bere acqua. Si tratta generalmente di produzioni in stile Pilsener (comprensibilmente), molto beverine e sotto i cinque gradi. Le birre artigianali si trovano in varie parti, ma quelle istituzionali (tra cui quella “comunale”, la Starobrno) sono piacevolissime. Molti locali ne hanno in carta una altrettanto gradevole in versione analcolica (su questo e altri punti stanno molto avanti a noi).
  • Mangiare
    Come al solito possiamo fare gli sboroni perché pure qui la cucina non ha la varietà della nostra. Cionondimeno si mangia perlomeno discretamente anche in posti dall’apparenza losca, mentre si mangia mediamente molto bene in centro senza doversi preoccupare granché dei posti spennaturisti, visto che, come detto sopra, la città tutto sommato vive ancora un equilibrio sano sul tema turismo. Le opzioni vegetali ci sono praticamente sempre e, generalizzando, se non andrete sull’internazionale aspettatevi una tradizione fatta di un’entrata vegetale come un’insalata o una zuppa, e un piatto unico di carne, verdure e i loro gnocchi di pane. Si può comunque spaziare
    • Nota: a pranzo molti ristoranti, anche titolati, fanno menu infrasettimanali (del tipo appunto zuppa+piatto) a prezzi commoventi. Usateli
  • Spazi pubblici
    Non è solo questione di bellezza. Sono mediamente ben curati ma tutto sommato semplici. Il punto è un altro: sono usati da tutti, quotidiani, normali, come parte della giornata. La piazza del mercato ed altre due o tre hanno, quando fa meno freddo, sedie a sdraio sparse lungo le ampie aree pedonali, liberamente, senza custodi, senza vincoli tipo “se ti siedi devi ordinare qualcosa” anche quando c’è un chiosco accanto. C’è un’idea di fruizione collettiva, un’intenzione volta al bene pubblico condiviso, che supera le nostre domande da cittadini che si fanno venire un sospetto ad ogni gratuità. Ti siedi, leggi un libro, pensi, non fai nulla, ti porti un boccale dal chiosco per bere qualcosa in solitaria o con amici, sei una donna sola, siete otto… tutto con-fluisce, si sta bene e basta.
  • La fortezza
    La collina su cui svetta la fortezza dello Spielberk è da vedere anche se, da bravi italiani, pure qui diremo che, insomma, non è che ci sia qualcosa di assolutamente clamoroso da ammirare.
    Ecco: invece, a suo modo, questo posto ha bellezza. Magari non per forza all’interno (è una fortezza, non andiamoci con in testa un castello! Tour delle prigioni, museo cittadino… insomma, vale comunque la visita), ma… è da ammirare che ci siano un ristorante ed un bar ordinati, assolutamente in armonia con l’edificio e intrinsecamente sobri; è da ammirare l’intera collina, che è una parco piacevolissimo percorso e vissuto da tutti; è da ammirare che tutto questo sia a un passo dal traffico eppure avvolto nel silenzio.
    Da ammirare, poi, sul lato nord è anche un grazioso giardino botanico che, colpo di fortuna per lo scrivente, in una serata del soggiorno ha ospitato una rassegna di vini artigianali che davvero era nel posto giusto. Tanto Solaris in assaggio e bevute divertenti, anche se con qualche discontinuità e con residui zuccherini talvolta un po’ invadenti… ma la sensazione in due chiacchiere fatte lì è che a loro piaccia così.
  • Prezzi
    Come si diceva, bere (e mangiare) costa decisamente poco, poco più della metà di quel che un italiano si aspetterebbe. La faccenda curiosa sta nella variabilità di questo livello in funzione della categoria merceologica
    • birra: un autorevole invito all’alcolismo;
    • cibo: non c’è bisogno di fare attenzione al budget sostanzialmente per nessuno;
    • vestiti, strumenti musicali, fotografia: come in Italia;
    • spesa di articoli per la casa: mah, evidentemente scelgono di non pulire spessissimo;
    • profumeria, shaving, skincare: il doppio di noi.

Nomi, dritte, dateme retta in sintesi

Qualche consiglio, qualche dove, qualche cosa

  • Durata della visita: noi del blog non siamo perfettamente adatti al ruolo, perché riteniamo che il periodo minimo per capire un po’ una cittadina di media grandezza vivendone anche al volo la realtà sia di 4-5 giorni. Brno non fa eccezione.
  • Per dormire direi semplice, pulito e pratico l’hotel Omega, venti minuti a piedi dalla stazione, dieci col tram.
  • Per i mezzi pubblici, vai col bancomat! usatelo contactless in salita e in discesa e vi viene scalato quel che spendete effettivamente in minutaggio. Comodo, no?
  • Per mangiare
    • Pivovarská Starobrno, fuori dal centro ma accanto a belle cose da vedere. Bell’atmosfera stando fuori, ma dentro è proprio ben fatta. La birreria della città (anche birra analcolica), diciamo. Praticamente priva di turisti, in proporzione agli avventori
    • Pub at all saints, indubbiamente un’esperienza. Turismo zero, aria poco presentabile. Dentro c’è un pezzo di essenza della città. Birra buona, cucina… no, non si può dire cucina: barattoli e conserve, quindi scelta di 4-5 cose. C’è perfino l’analcolica anche in questi posti, ma qui dev’esser vista come stranezza. Da vivere
    • Bonjour Vietnam, la cui nazionalità vi sarà facile intuire, è graziosissimo dentro e fuori, con scelte variegate, frequenti abbinamenti dolce-salato e uno staff i cui sorrisi vi fanno allontanare un po’ dal più compassato approccio locale
    • Café ERA, per quando andrete a visitare Villa Tugendhat ed avrete quindi intorno un quartiere signorile e molto piacevole. Funzionalismo a gogo dal palazzo agli interni. Si mangia molto bene. Prendete la limonata fatta in casa che è eccezionale
    • Lokál U Caipla, ottima birra, anche analcolica, e buon cibo servito con una certa cura di impiattamento. Servizio abbastanza glaciale, diciamo da cartolina del luogo più di altri
    • Paprika, cucina israeliana sulla piazza dfel mercato ma all’interno di un palazzo molto particolare, mangiando a ridosso di un giardino verticale.
  • Per fermarvi e bere un caffè o qualcos’altro:
    • sfruttate, quando presenti, i chioschetti che campeggiano in vari punti del centro o i piccoli bar con spazi aperti, perché c’è da divertirsi osservando in modo semplice le giornate di questa cittadina
    • Appena a nord del centro, per esempio, fatevi un giro al Moravia Square Park e prendete qualcosa al PARQ espresso bar
    • Nella Galleria Morava c’è un cortile molto bello ed accogliente. Un drink lì sarà riposante e… moravo
  • A parte “le 10 cose da vedere a Brno”…
    • camminate nei parchi. Sono ben tenuti e frequentati dai cittadini;
    • nella regione ci sono vari castelli da visitare, tutti entro un’ora circa di pullman. Acknowledge it!
    • A un’ora e mezza c’è invece Olomouc, cittadina molto bella che per secoli ha un po’ rivaleggiato con Brno come capoluogo moravo. Anche lì c’è molto da vedere. Per mangiare va davvero benissimo U Mořice, anche all’aperto, fianco a fianco con la splendida chiesa (salite sul campanile, ginocchia permettendo!)

Non si fosse capito: visitate Brno prima che il turismo mangi anche lei, datece retta.

Update per appassionati d’arte (2025/01)

La piazza del mercato (la seconda per notorietà, ma forse la prima per più di qualche cittadino) ospita una fontana particolare. Ne parla in modo articolato Emilio Zanzi in questo articolo. Dateme retta e date un’occhiata!

Sofia (Bulgaria), 2023: unboxing

Dateme retta è stato (è stata, sono stati, siamo stati) a Sofia, capitale della Bulgaria.

I motivi hanno natura legata al carattere dei vostri bloggatori preferiti; si va a conoscere quel che non si conosce. Siccome questa è banalmente la spinta per la quasi totalità dei viaggi turistici direi di non indugiarci su oltre. Quel che invece ci preme raccontarvi, proseguendo magari prossimamente con un post di maggior dettaglio su quanto visto bevuto mangiato, è una serie di caratteristiche omonime, cioè per l’appunto caratteristiche di Sofia. Andarci avendone consapevolezza sarà qualcosa per cui ci ringrazierete.

Camminare

Un mestiere che a Sofia non presenta dei fuoriclasse è quello del piastrellista: i marciapiedi sono, al netto di alcune strade centrali e molto frequentate, un pericoloso patchwork allucinato che, durante il tuo cammino, ti fa entrare via via in un incubo distopico in cui ogni passo a venire si complica rispetto ai precedenti, richiedendo sempre maggiori attenzioni:
– prima manca una mattonella, una tessera, una piastrella
– poi eccone una che in diagonale si arrampica verso la successiva
– ecco a seguire un tubo la cui estremità fuoriesce dal terreno in luogo delle suddette attese piastrelle
– ovunque, intorno, si è circondati da tombini piazzati sistematicamente 4-5 cm più su delle suddette suddette piastrelle
– la variante livello pro del precedente punto per i più sgamati presenta i tombini a coppie, naturalmente non allineate in altezza. Superando lo scoglio si giungerà a formazioni di tombini più articolate. Resta da verificare ma, probabilmente, ripercorrendo il marciapiedi al contrario e calpestando ogni tombino si udirà un messaggio satanico
– intorno a tali formazioni tombiniche, talvolta disposte ad atollo, troviamo in genere altri tombini, ad altezze differenti da quelle vicine e comunque dalle suddette suddette suddette piastrelle. Dal numero di tombini e dalla frequenza con cui ogni marciapiede ne esce adornato vien da ritenere che sottoterra passino in parallela lunghezza corrente, gas, fibra, acqua, fognature, riscaldamento a pavimento, probabilmente latte, birra, corrispondenza cartacea, medicinali, derrate alimentari, consegne di acquisti online, dispacci istituzionali, microfilm, droga, particelle accelerate, canalizzazioni libere per progetti futuri. Non c’è altra spiegazione

Shopping

Molti negozietti storici o scantinati, spesso in strade magari più vecchiotte ma non sempre secondarie, hanno accesso seminterrato, circa 50-100 cm sotto il livello della strada. Gli scalini per accedere sono interni NON al perimetro del palazzo, ma al piano di calpestio.
In altre parole i marciapiedi hanno ogni tot metri un buco improvviso di un metro per due, ecco.
Senza alcuna protezione, senza alcun avviso, senza alcun segnale.

Di giorno la cosa si limita ad essere pericolosissima; di notte se ti va di culo continui a camminare scendendo i gradini stupito perché ritenevi di essere in pianura; se la fortuna volta le spalle si passa a complicazioni cliniche o morte.

Interagire

I Bulgari con la testa fanno sì per dire no e no per dire sì. Ci si ride sopra, però poi quando all’apparenza ti negano ogni richiesta anche basica ci resti male per alcuni secondi.

Shopping, reloaded

Tornando ai negozi, è importante parlare delle loro porte.
Anzi, no: parlare delle loro porte è fondamentale.
Esse sono:
– con apertura verso l’esterno
– in vetro
– senza cornici, quindi del tutto invisibili al netto della grande maniglia. Nota: la grande maniglia è quasi sempre in vetro
– tenute perlopiù aperte

La probabilità di lasciare ai bulgari un’impronta della fronte per il nostro semplice camminare è altissima.

Trasporto pubblico

I tram, efficientissimi e numerosi, hanno spesso fermate in mezzo alla strada.
Non in senso lato: proprio letteralmente.
In mezzo.
Non c’è banchina, non c’è segnale in terra, non c’è avviso per gli automobilisti della corsia immediatamente a destra del tram che procedono nella sua stessa direzione; sì, quella corsia lì, cioè il punto esatto in cui metti i piedi scendendo.
Semplicemente, tutto funziona. Tu scendi, finisci al centro di un viale in cui le auto sfrecciano serene a 70-80 all’ora e queste ultime capiscono, vedono il tram rallentare, sanno che esso secernerà genti e si fermano prima della coda del tram.

Nutrirsi

Al ristorante ciascuno dei piatti ordinati arriva in tavola quando è pronto. Che l’ordinazione complessiva sia una è irrilevante.

Punto.
È un principio immutabile.
Se tre commensali chiedono piatti con tempi di preparazione rispettivamente di 2, 16, 45 minuti il primo mangerà da solo, il secondo pure, il terzo pure.
È così e assolutamente nessuno ci trova qualcosa di strano. Buono per le brigate in cucina.

Verde

I parchi sono ovunque.
Ovunque.

Ogni piazzetta ha un parco, ogni parco ha un numero di panchine bastevole per supplire all’eventuale chiusura dei due parchi più prossimi, ogni panchina è pulita e accogliente.
Nei parchi troverete mezza città: chi ci lavora, chi gioca a pallone, chi chiacchiera; insomma, solite cose ma le troverete pure alle dieci di sera.
Lungo le stradine dei parchi ci sono fiori coloratissimi piantati ovunque, irrigatori a goccia, giardinieri, aiuole, baretti. Talvolta troverete panchine disposte una di fronte all’altra: è consuetudine che due amici le usino così e le nostre indagini a campione hanno stabilito che le ragioni sono confidarsi segreti o giocare a dama.

I parchi sono una oggettiva meraviglia di questa città.

Leggere

L’alfabeto è il cirillico, ma se impari le corrispondenze tra i caratteri cirillici e i nostri il bulgaro scritto diventa largamente più comprensibile di un dialetto che hai a 300 km da casa tua.

Statua

La statua di Santa Sofia, che all’incrocio di cardo e decumano identifica il centro cittadino e la capitale tutta, è veramente veramente veramente brutta; la cosa è del tutto condivisa e a tutti va benissimo così.