Bar Caffetteria 3 Pini a Pozzilli, o dello star bene quando ci sono i pensieri

(ndr: Ho chiesto all’AI in vari modi una rappresentazione di questo bar e ne vedete una qui in testa, ma no, nel 2024 l’AI non coglie cosa sia un bar di provincia e non mi fa contento in alcun modo, sicché andiamo oltre)

Pozzilli è un paese che, purtroppo, nel Molise e fuori dice qualcosa a qualcuno perlopiù se i motivi non sono belli.

C’è la Neuromed, clinica il cui nome basta per capire che la fortuna è non conoscerla, non perché abbia demeriti ma perché non ci si viene a prendere semplicemente una Tachipirina, ecco.

Succede quindi che, per chi accompagni qui qualcuno a causa dei suddetti motivi, si abbia poi qualche mezz’ora o qualche ora di intermezzo tra gli impegni previsti. Si passeggia un po’, piazzetta, chiesa, qualche negozio e insomma solita camminata in uno dei tantissimi paesi d’Italia.

Appena più distante (se di distanza si può parlare quando non si sta più a venti metri dall’ospedale perché son trascorsi altri due minuti di passi) c’è un bar, che ancora una volta è da fuori uno dei moltissimi bar dei moltissimi paesi d’Italia. Due sedie fuori, un’insegna, un’introduzione semplice che però, soprattutto in certa provincia nazionale, significa qualcosina in più per chi ci abita attorno.

In questo caso è il bar 3 Pini.

All’interno c’è una titolare che ti accoglie sorridendo, pure se diluvia e quindi non è che la giornata sia proprio ricca per lei di soddisfazioni lavorative. Fuori vento e pioggia a complicare i pensieri e bagnare punte di nasi; dentro si sta istantaneamente già meglio.

È un piccolo bar, dicevamo, e ci si trovano le cose che in un bar ci si aspetta di trovare. Un cappuccino caldo, nello specifico, era il conforto basico ma importante che tra i pensieri di cui sopra poteva stemperare freddo e umore.

Siccome però in questo blog siamo gente magari puntigliosa che certe cosine le nota, siamo pure gente che nota certe cosine belle, e qui il cappuccino, che pure era buono, abbondante, cremoso e non un latte macchiato travestito, è diventato personaggio secondario.

Scambiare due parole, lungo quella mezz’ora in cui la solitudine ti fa una compagnia un pelino invadente e poco desiderata, accompagna il cornetto che accompagna il cappuccino, con la radio che nel frattempo è capace in una canzone di portarti altrove, una finestra affacciata su un panorama inatteso… tutte queste cose qui e qualcos’altro ma con il famoso plus: parlare con qualcuno che tanto sa benissimo perché sei lì, il che significa per te pure la libertà di non doversi sfogare -ché pure quella è una catena se te la senti stretta sul collo-, avvertire la presenza di uno spazio nel quale puoi pure ascoltare, conoscere la vita di quel luogo, le difficoltà e le cose che vanno bene, giornate o scelte che scorrono in modo diverso dalla tua, qualcosa magari da imparare per quel viaggio di ritorno, una piccola lezione di storia recente di un territorio di cui sai zero.
E poi parlare, anche, ma rinfrancato da uno spostamento di orizzonte che ti riporta tra gli altri, in mezzo a tutte le vite con la tua, più sereno e leggero a poter dire e far dire.

Il cappuccino era ottimo ed è pure costato poco, se proprio dobbiamo metterci una recensione dentro, ma penso vi sia chiaro che il calore ricevuto non veniva da lì. D’altra parte quando le cose girano così non stai cercando un cappuccino né un cornetto: stai cercando un posto in cui star bene, Ecco: trovato. Però ha anche il cappuccino buono.

Ora: consigliarvi un bar in un luogo che sarebbe bene non frequentare vista la ragione per cui lo si fa… Come dire, non ve lo auguro ma ve lo suggerisco.
Più in generale, però, è bellissimo pensare che in Italia possano esistere potenzialmente migliaia di posti semplici che all’ingresso sembrano bar e all’uscita son diventati benzinai dell’anima, grazie a persone come una titolare che ti serve un cappuccino sul banco e tutto il resto intorno.

Ah, già: il bar è qui